Quanto ha pesato il lockdown su bambini e ragazzi? Perché anche in Valdarno la seconda ondata ha segnato più contagi tra i minori? Come affrontano i bambini il tampone nasofaringeo? Abbiamo rivolto queste domande al dottor Luca Tafi, Direttore U.O.S.D. Pediatria e Neonatologia all’Ospedale del Valdarno
Si è abbassata l'età media dei contagiati da Coronavirus, in questa seconda ondata: e questo perché, anche in Valdarno, si registrano ormai quotidianamente contagi fra bambini e ragazzi nei consueti bollettini delle Asl. Un dato che invece nella prima ondata era quasi assente. Cosa comporta questo, dal punto di vista sanitario? E come ha impattato l'epidemia su questa fascia di popolazione? Lo abbiamo chiesto al dottor Luca Tafi, alla guida della Pediatria del Santa Maria alla Gruccia, che con Valdarnopost ha fatto una riflessione più ampia sul rapporto tra bambini e ragazzi e epidemia in corso.
"In questa seconda ondata effettivamente si registra, anche in Valdarno, una serie di contagi che interessano bambini e ragazzi. Il primo dato da sottolineare è che sono tutti o asintomatici o paucisintomatici: questo ci conferma, come avevamo visto anche nella prima ondata, che l'impatto dal punto di vista delle condizioni di salute è meno duro di quanto accade invece per gli adulti", spiega il dottor Tafi.
Una riflessione rigurda invece il motivo per cui i contagi sono di più, tra i minori, in questa seconda ondata: "Probabilmente – commenta il dottor Tafi – la scuola c'entra, ma in maniera direi più indiretta. Ritengo infatti che sia, più che altro, una questione di pre e dopo scuola, in particolare se si guarda ai più grandi. Mi spiego: sono convinto, e ne ho anche conoscenza diretta, che nelle classi le regole vengono rispettate in maniera puntuale e precisa. È l'insegnante stesso ad averne il massimo interesse, da questo punto di vista. Ma prima di entrare a scuola, o dopo la fine delle lezioni, i ragazzi escono e magari si abbassano la mascherina mentre stanno tutti insieme. Insomma, il fatto che le scuole siano riaperte ha portato con sé, come conseguenza, una larga circolazione di bambini e ragazzi, e questo può essere occasione di contagio".
Pensando più specificatamente ai bambini, il dottor Tafi aggiunge: "Vorrei anche dire che, se nella seconda ondata i più piccoli sono meno risparmiati dal contagio da coronavirus rispetto alla prima ondata, è anche perché secondo me questa volta gli adulti si sono comportati in maniera meno adeguata. Se un bambino di 5 anni risulta positivo, nella maggior parte dei casi, a livello locale come nazionale, il contagio è avvenuto in ambito familiare. E questo è un dato su cui riflettere, forse non c'è stata abbastanza attenzione da parte degli adulti per evitare questi contagi".
Poi la questione tamponi, e le conseguenze sui bambini: "Il tampone, certo, è fastidioso, sia per gli adulti che per i bambini. Però i bambini sono tendenzialmente più bravi degli adulti, e questo vale ad esempio anche per delle semplici regole come quella di indossare la mascherina. In linea generale, se un bambino è tranquillo e viene trattato come si deve, non ho dubbi che sia il migliore paziente che un medico possa avere".
L'impatto del lockdown sui minori è invece un capitolo a parte. "Il lockdown ha prodotto disagi in bambini e ragazzi, ma in maniera prevalente devo dire che ha impattato sugli adolescenti. In loro, ha prodotto un disagio maggiore di quello che si potesse immaginare prima. Noi – testimonia il dottor Tafi – abbiamo avuto casi di adolescenti che hanno dovuto ricorrere agli antidepressivi, e non è una cosa così frequente in questa fascia di età. Sono i ragazzi che cominciano ad avere una vita sociale ben strutturata e proprio in questa fase sono stati rinchiusi dal lockdown. A questo si somma la questione della scuola e della formazione, le difficoltà riscontrate sono diverse a mio avviso: nei più grandi peserà la mancanza di un anno scolastico, ad esempio per chi faceva la quarta superiore durante il lockdown e ora deve preparare la maturità. Nei più piccoli, nei bambini, più che la parte nozionistica invece è venuta a mancare la parte educativa e sociale, ed è un vuoto che difficilmente si recupera".
C'è poi una questione, affatto marginale, che riguarda invece il lavoro dei pediatri in questa fase. "I pediatri del territorio stanno affrontando un carico di lavoro, e quindi una pressione, che è molto maggiore del normale. Non è una pressione legata al lavoro ordinario. È un problema di pressione anche dal punto di vista organizzativo, si pensi soltanto alla gestione dei certificati e alla visualizzazione di tutti i tamponi effettuati, la gestione dei positivi, e tutto il carico burocratico che porta con sé".
Infine, il consiglio del dottor Tafi sulla vaccinazione antinfluenzale. "In linea teorica, il consiglio di vaccinarsi vale come al solito, e quindi con particolare attenzione alle fasce a rischio. Secondo me, però, tutti noi pediatri siamo molto più attenti a sensibilizzare sul vaccino antinfluenzale quest'anno, e consigliamo di farlo a tutti i bambini. È un vaccino che non dà problemi e sembrerebbe, da alcuni dati, aiutare anche la reazione immunitaria generale, e quindi anche quella da Sars-Cov2".