25, Aprile, 2024

L’archeologia nei territori caldi del Medio e Vicino Oriente: in guerra contro l’ignoranza e la dispersione dei patrimoni

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Archeologi italiani che operano in Iraq, nel Kurdistan, in Transgiodania: al convegno alla Ginestra, a Montevarchi, hanno raccontato il loro non facile lavoro. “Perché prima di tutto occorre costruire una cultura diversa, di consapevolezza dell’immenso valore di siti archeologici e monumenti antichi”

C'è una guerra silenziosa, una sorta di contro-guerra che si combatte in Medio e Vicino Oriente. Ed è combattuta da un esercito di archeologi, anche italiani: impegnati nel salvaguardare l'immenso patrimonio archeologico e monumentistico locale dalle deturpazioni, l'abbandono ma anche dagli attacchi dei terroristi il cui obiettivo è smantellare e rivendere, per finanziarsi. 

Se ne è parlato qualche giorno fa a Montevarchi, al convegno "Isis, patrimonio culturale e terrorismo mediatico", organizzato dal CAMNES, in collaborazione con il Comune di Montevarchi, il patrocinio della Conferenza dei Sindaci del Valdarno ed il supporto della Sezioni Soci Coop di Montevarchi. A moderare il dibattito, Stefano Valentini, archeologo valdarnese codirettore del Camnes di Firenze. 

A portare le loro testimonianze, archeologi italiani che operano in zone considerate particolarmente calde, a rischio sotto diversi punti di vista. E accomunate dalla presenza di siti archeologici o monumenti antichi, di valore spesso incommensurabile, ma sulla cui conservazione e valorizzazione c'è molto da lavorare.

"In Giordania, come in Iraq, ma anche quando ho lavorato in Siria – ha raccontato Andrea Polcaro, dell'Università degli Studi di Perugia – gli operai locali più anziani hanno sempre dimostrato interesse per quello che facevamo, un coinvolgimento che li vedeva protagonisti del lavoro di scoperta. Le giovani generazioni si stanno allontanando, perdono questo interesse: ma questo non è un problema dell'Islam, è un problema generale. Chi scrive con il pennarello sopra a una colonna romana è altrettanto disinteressato e ignorante. La differenza, in paesi del Medio Oriente, sta in chi sfrutta questa ignoranza per dividere il mondo occidentale da quello orientale: come se non avessero radici in comune, come se il passato di una cultura e dell'altra fossero lontanissimi fra loro, e invece non lo sono". 

Una guerra culturale, insomma, quella che si combatte in queste zone. "In sostanza, si lavora non solo sulla ricerca e la scoperta dei siti archeologici: ma anche per diffondere la consapevolezza della necessità della loro conservazione e per sostenere la valorizzazione di questo incredibile patrimonio culturale", ha aggiunto Marco Iamoni, che dall'Università di Udine è partito verso il Kurdistan Iracheno Settentrionale dove opera come vicedirettore del Progetto archeologico regionale Terra di Ninive. 

Queste sono terre dove ha origine l'intera umanità. Terre in cui nei secoli le culture hanno convissuto, si sono incrociate e influenzate a vicenda. "Il progetto in cui lavoro in Transgiordania – ha spiegato Elisa Pruno dell'Università degli Studi di Firenze, membro della Missione Archeologia: Petra ‘medievale’ – è attivo ormai da 30 anni. Qui le scoperte archeologiche e le ricostruzioni storiche hanno dimostrato come in questa zona ci sia stata una commistione molto forte fra culture occidentali e orientali, nei secoli". E la conoscenza di tutto questo può aiutare a guardare il presente da un altro punto di vista.
 

Glenda Venturini
Glenda Venturini
Capo redattore

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