22, Luglio, 2024

Gli ultimi mesi di pandemia nei Paesi Baschi: l’Erasmus di Caterina Bocci

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L’esperienza di una giovane sangiovannese in Erasmus a San Sebastian: il racconto di un ambiente stimolante per i giovani e con restrizioni pi lievi; le difficolt nella scelta della partenza e le osservazioni sulle regole negli spazi aperti.

Caterina Bocci, giovane ventiquattrenne sangiovannese, studentessa di architettura, ha deciso ad inizio anno di intraprendere il progetto Erasmus in direzione San Sebastian, Paesi Baschi. Racconta la decisione un po' azzardata della partenza e la differente percezione della pandemia per il mondo dei giovani, rispetto all'organizzazione e le misure vissute in Italia per la marggior parte della durata della pandemia.

Come hai ponderato la decisione della partenza? "Il pensiero di partire per un'esperienza Erasmus mi frullava in testa da tempo ed ovviamente, dovendo seguire tutta la parte burocratica, non è una cosa che nasce da un giorno all'altro. Man mano che la pandemia andava avanti ho dovuto fare i conti con le mancate comunicazioni dell'Università, che non riusciva a darci certezze per la partenza, e con il cercare di monitorare come procedeva la pandemia nel luogo dove sarei arrivata. Arrivato il momento, ho deciso di partire nel giro di due settimane; soprattutto perchè l'Università di qua mi dava la certezza di rimanere aperta. In Italia stavo facendo l’Università chiusa in casa da ormai più di un anno e non era assolutamente stimolante; quindi mi è sembrata una buona occasione".

Cosa sapevi di perderti rimanendo a casa? "Sicuramente una grand eopportunità. Oltre al punto di vista universitario e di carriera di studi; che come ho detto, si sta dimostrando molto più stimolante rispetto all'anno che ho passato; sapevo che la situazione nei Paesi Baschi era più tranquilla e che, guardando alle limitazioni, le aperture si avvicinavano. Non volevo perdere la possibilità di un'esperienza tanto migliorativa e grande: iniziare ad assaggiare l'indipendenza, avere le proprie e sole responsabilità. Inoltre sapevo che avrei rotto in qualche modo con la routine che mi stava ingabbiando".

Quando sei partita, quali erano le limitazioni? "Quando sono partira, in Toscana eravamo in zona arancione, se non erro; quando arrivata a San Sebastian mi sono ritrovata quasi subito in una sorta di zona rossa. C'è una distinzione per colori? "Non proprio. Quella che in Italia è la zona rossa, qua è detta  situazione d'allarme: si può uscirea gruppetti di quattro, c'è il coprifuoco fino alle 22 e i bar e i ristoranti rimangono aperti fino alle 20. Essendo i Paesi Baschi una comunità autonoma, hanno un sempre preservato un certo margine rispetto alle decisioni della Spagna, poi altro margine si vede nelle differenze tra Comune e Comune".

Adesso come è la situazione a livello di aperture? "Adesso non abbiamo più il coprifuoco ed è riaperto quasi tutto. Qua non si è mai fermato il mondo dello sport e dello spettacolo. Anche nei periodi di maggiore rischio, con tutte le dovute distanze, cinema, teatri, auditorium, sono rimasti aperti. Per strada è ancora obbligatoria la mascherina, anche se noto che soprattutto tra i giovani o nelle spiagge, sta diventando sempre più un optional."

Dove ti senti o ti sei sentita più sicura? "A livello di sensazione di sicurezza mi sentivo più sicura in Valdarno. Ovviamente sono stata talmente tanto chiusa in casa che il rischio era a zero; talmente tante erano le limitazioni. Ora sono a casa con studenti e ognuno ha responsabilità per sé. La cosa che trovo più funzionale rispetto all'Italia è la comunicazione. Ci sono delle scadenze, sappiamo quando ci verranno date nuove informazioni, sappiamo quali sono le opzioni tra le quali verranno prese le decisioni. Qundi c'è margine per fare dei programmi."

Quale può essere un miglioramento che auspicheresti? "Fino ad adesso ci sono state tante manifestazioni da parte dei ristoratori. Manifestazioni pacifiche con la polizia a controllare le giuste distanze; questo punto è miglioranto con l'annullamento del coprifuoco. Adesso migliorerei  sul controllo degli spazi aperti perché gli spazi chiusi hanno controlli ligi; ma sono gli spazi aperti dove le regole sono meno rispettate." Conclude Caterina : "Non avendo avuto chiusure brusche, per i giovani è un ambiente molto più stimolante. Cambiano gli orari ma è molto vivibile."

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