24, Dicembre, 2024

Genitori vs allenatori: un fenomeno diffuso e in crescita. I commenti del giorno dopo

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La vicenda accaduta allo stadio comunale di Levane non è isolata ma purtroppo sembra invece essere un fenomeno ricorrente nei settori giovanili del Valdarno. Le testimonianze degli addetti ai lavori, il commento dell’insegnante del Liceo sportivo

La vicenda accaduta allo stadio comunale di Levane nel corso dell'ottava edizione del Torneo Leone Bianco Verde ha fatto parlare e lo farà ancora. Il padre di un bambino di 10 anni che frequenta la scuola calcio dell'ASD Atletico Levane Leona ha sferrato due pugni all'allenatore perchè non aveva ancora fatto giocare il figlio.

I presenti ancora raccontano: "Erano circa le 9.30. Il Torneo era iniziato da poco. Il bambino ancora non era entrato in campo e il padre è andato dall'allenatore e gli ha tirato due pugni alle tempie. Il mister è rimasto steso in terra 20 minuti. Sono stati chiamati i soccorsi: 118 e carabinieri. Ma l'uomo già dal giorno prima aveva minacciato l'allenatore".

Il 48enne allenatore della scuola calcio dell'ASD Atletico Levane Leona portato al pronto soccorso della Gruccia ha avuto sette giorni di prognosi ed è tornato subito a casa.

Purtroppo non si è trattato di un caso isolato. Oltre alle litti e alle risse in campo tra giocatori e sulle tribune tra gli spettatori adesso sono anche i genitori a creare scompiglio. E non è una novità. Magari finora non si era arrivati alle mani ma scontri o minacce verbali ci sono stati eccome. 

Abbiamo interpellato Graziano Gioli, presidente fino a poco tempo fa della Marzocco Sangiovannese, e Fabio Pallari, allenatore del settore giovanile della Sangiovannese 1927.

"Le discussioni, talvolta anche le minacce, fra genitori da una parte e allenatori o dirigenti sono abbastanza frequenti, anche se mai dalle parole si passa alle vie di fatto. Spesso ci sono state discussioni con i genitori – ricorda l’ex presidente della Marzocco Sangiovannese Graziano Gioli – solo che alla fine ognuno rimaneva della propria opinione. Una volta durante un torneo giovanile – prosegue – scoppiò un parapiglia in tribuna fra i genitori e allora i ragazzi si fermarono e dissero che avrebbero ripreso a giocare solo quando fosse tornata la calma”.

“Annualmente ci sono dei genitori con i quali ci sono discussioni e le parole – dice l’allenatore dei giovanissimi della Sangiovannese Fabio Pallari, tecnico con alle spalle una lunga esperienza – talvolta finiscono sopra le righe e diventano minacce. Si tratta di un malcostume che un po’ c’è sempre stato nello sport come modo di fare da parte dei genitori. Oggi forse accade più spesso, anche per le alte aspettative che i genitori hanno sul figlio. A livello di scuola calcio tutti giocano anche perchè nel regolamento è stabilito un numero di partire minino per ogni bambini. I genitori – termina Pallari – dovrebbero preoccuparsi del livello di accoglienza degli ambienti e pretendere istruttori qualificati, lasciando le altre scelte a chi dirige la squadra”.

È legata al confronto fra agonismo e sportività, la chiave di lettura che propone la professoressa Patrizia Odorici, docente del Liceo Sportivo dell’Istituto Varchi di Montevarchi. “Quello che notiamo sempre di più – spiega – è che si punta all’eccellenza, all’estrema specializzazione in uno sport, a discapito di una preparazione sportiva e di qualità motorie di base, ma anche perdendo quel senso dello sport che è serenità, divertimento, condivisione di una esperienza”.

“L’agonismo purtroppo viene da un contesto in cui anche la famiglia ha il suo peso: si punta ad avere un campione, invece che un ragazzo che vive lo sport. Ed è questa la cultura che dobbiamo combattere, e che cerchiamo di fare anche noi nella formazione scolastica del Liceo Sportivo. Lo facciamo spingendo tutti i ragazzi a misurarsi con tutte le discipline sportive, non soltanto con quelle in cui sono più bravi perché magari le praticano da anni. Però ecco, dovrebbe esserci un contesto in cui i modelli che si propongono non sono quelli, ad esempio, del calciatore ricco e famoso, magari senza formazione scolastica. La realtà è altro, e lo sport non deve chiedere ai ragazzi più di quello che possono davvero dare”, conclude la professoressa Odorici.

Hanno collaborato Michele Bossini e Glenda Venturini

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