Grido d’allarme per i titolari di attività o partita Iva, che chiedono maggiore sostegno per sopravvivere alle chiusure. Le parole di Rachele Turrini, Presidente Coordinamento Valdarno
Una richiesta di misure più forti per sostenere quelle attività commerciali che sono chiuse per i Decreti legati all'emergenza Coronavirus, e che rischiano di pagare pesantemente questo stop. Il grido d'allarme arriva dalla Confesercenti del Valdarno fiorentino e della Valdisieve, con una nota firmata dalle presidenti dei rispettivi coordinamenti, Rachele Turrini e Nilla Tari.
“Siamo certi che sarà fatto tutto quanto possibile, ma vogliamo fare un appello per rappresentare le nostre difficoltà e le nostre preoccupazioni che segnano e caratterizzano questi giorni. I titolari di un’attività o partita iva si auspicano a fine mese di avere un reddito con cui vivere e mantenere la propria famiglia; senza dimenticare gli investimenti fatti e le ingenti spese a cui dobbiamo fare fronte.”
“Le attività commerciali – ricordano le rappresentanti di Confesercenti – hanno sempre e comunque dei costi fissi, come affitto, costi legate alle utenze, costi per il servizio di gestione contabilità, costi bancari, imposte e tasse, costi legati al personale, assicurazioni, pagamento dei fornitori, e così via. In questa situazione di emergenza, alle attività che non vendono beni di prima necessità, è stato ‘chiesto’ il sacrificio di chiudere la propria fonte di sopravvivenza e di sostentamento. L’abbiamo fatto senza promesse certe, in nome del bene comune del nostro paese; confidando nella presenza e supporto dello Stato.”
“Dobbiamo, però, rilevare che quanto fatto ad oggi non è sufficiente per ‘rimetterci in piedi’, ma soprattutto non ci permette di sopravvivere in questo periodo. Non abbiamo entrate e siamo senza stipendio; se non fosse chiaro, la nostra liquidità in questo momento è nulla. Mentre noi stiamo rischiando di non poter avere più le condizioni per ripartire, il commercio online non è stato toccato o modificato. Quello che chiediamo è quindi il rispetto dei nostri sacrifici, dei nostri investimenti, del nostro lavoro e pertanto della nostra vita”.
“Chiediamo una seria riflessione per una rielaborazione delle misure adottate con il Decreto Cura Italia, che non risultano sufficienti a fare fronte all’impatto economico subito dalla nostra categoria. Chiediamo la sospensione di tutti i pagamenti fissi dell’attività, un indennizzo che ci consenta di sopravvivere, una liquidità alla riapertura per poter far fronte ai pagamenti, l’abolizione dei saldi per le prossime stagioni e tavoli di lavoro con lo studio approfondito di strategie per la ripartenza”, concludono Turrini e Tari.