19, Novembre, 2024

Chianti Brew Fighters: il birrificio di tre valdarnesi alla conquista del Chianti

Articoli correlati

In Vetrina

Più lette

In Vetrina

Abbiamo visitato il birrificio di Radda in Chianti, espressione della passione di Stefano, Marco e Giulio: tre ragazzi valdarnesi che hanno deciso di investire sulla produzione di birra artigianale, nella terra del Gallo Nero

“In terra di vino, noi facciamo la birra. Non è una provocazione, ma un modo alternativo di guardare al territorio”: è così che si presenta il Chianti Brew Fighers, birrificio artigianale che sorge tra le soffici colline di Radda in Chianti. La risultante di una amicizia tra tre ragazzi valdarnesi -in parte sangiovannesi e in parte montevarchini- che a questa hanno unito la passione per la lavorazione di malti e luppoli nella produzione artigianale di birre da loro ideate.
Abbiamo incontrato Stefano Giannini, Marco Lenzi e Giulio Iannelli che ci hanno guidato all’interno della loro nuova attività di recente apertura, mostrandoci il processo di produzione dei loro primi quattro ed esclusivi prodotti.

La Selva, La Serpe, La Villana e La Bestemmia sono infatti i nomi dei primi quattro risultati delle loro ricette e della loro profonda conoscenza in materia di birre: attualmente in produzione, già distribuite e reperibili in Chianti, nel fiorentino, nel senese e ovviamente in Valdarno, con l’idea di aumentare sempre più il raggio di azione e il numero dei prodotti.  

“Lavoriamo a questo progetto da Gennaio dello scorso anno, ma abbiamo iniziato a studiare e a produrre birre artigianali in casa – soprattutto Stefano – da almeno quattro anni: si tratta dello stesso procedimento che usiamo qui dentro ma in piccola scala, in pentoloni da 50 litri circa. Producendo le birre in casa, gli ambienti sterili necessari per un ottimo prodotto sono però un miraggio, e quindi viene voglia di evolversi” ci racconta Marco.

“Ovviamente l’acquisto dei macchinari, la ricerca e la ristrutturazione del luogo scelto e la burocrazia che impone tempi di attesa e controlli copiosi, ci hanno portato a poter produrre ufficialmente le nostre prime birre a Giugno, e ad aprire ufficialmente al pubblico il 24 di Luglio. Inoltre, nella produzione di alcolici -come è ovvio che sia rispetto ai generi alimentari in generale-  sono necessarie garanzie sanitarie e controlli frequenti:  per questo il lavaggio, la pulizia e la sterilizzazione continua dell’impianto è fondamentale. In questi mesi di “attesa” è stato comunque  necessario  impegnare tutto il tempo libero dai nostri lavori, investendolo e sostenendoci a vicenda nella realizzazione di questo che oggi –per quanto piccolo- rappresenta una soddisfazione personale immensa”.

Con Stefano invece, veniamo guidati all’interno del processo di produzione della birra, che in questo caso parte dalla macinazione manuale dei malti, passando per la cottura attraverso numerosi passaggi, per finire nel fermentatore: un processo che richiede quasi 12 ore per la preparazione di 1000 litri di birra. In seguito il prodotto viene lasciato a fermentare una prima volta per circa 20 giorni (la tempistica è variabile in base alla ricetta del prodotto e del grado alcolico da raggiungere richiesto), alla fine dei quali viene imbottigliato manualmente; in seguito viene posto in una cella di rifermentazione a temperatura costante di 22 gradi, per altre ideali due settimane. Solo a questo punto le bottiglie possono essere etichettate (anche in questo caso manualmente) e finalmente destinate alla vendita o alla fruizione.

“Puntiamo molto sulla qualità delle materie prime -ci spiega Stefano-  e a questo proposito operiamo una scelta oculata a livello di Malti e depurazione dell’acqua. Sono queste due componenti che determinano il sapore di una birra, e per questo abbiamo a disposizione un depuratore che, attraverso una serie di filtri a carbonio, tratta continuamente l’acqua per liberarla da ogni traccia di cloro. Per quanto riguarda i malti, li acquistiamo con provenienza tedesca o inglese: puntiamo ad un livello di eccellenza alto, e purtroppo con i produttori italiani al momento non ci sono le stesse garanzie per un livello qualitativo costante. Altra cosa che determina l’ottima riuscita di una determinata ricetta è la qualità e la tipologia dell’impianto: raramente una stessa ricetta, cotta in due impianti differenti, riesce a generare lo stesso sapore e quindi lo stesso prodotto. Il nostro impianto, a fermentatori pieni, può raggiungere una capienza di 3000 litri”.

A questo punto, una volta osservato il processo preparatorio, grazie all’aiuto di Marco abbiamo indagato maggiormente sul tipo di prodotto che attualmente il birrificio Chianti Brew Fighters sta inserendo nel mercato, prestando attenzione anche alle idee future:

“Abbiamo deciso di iniziare con la produzione di 4 stili differenti, di ispirazione soprattutto europea. L’obiettivo è quello di creare continuativamente nuovi prodotti, e del resto in questo campo esiste un potenziale di creazione di stili infinito: ogni birra ha una ricetta diversa, determinata dalla qualità dei malti e dei luppoli, della depurazione dell’acqua e anche dalle strutture in cui il prodotto effettivamente cuoce e fermenta, oltre ovviamente dall’estro e dalle intuizioni di chi le produce e pensa alle ricette. Per il momento ci siamo focalizzati sulla produzione di quattro birre “da pub”, birre più da bere che da ristorazione. Visto che ci troviamo però in un territorio come il Chianti, ci piacerebbe prossimamente sperimentare ricette comprendenti anche il mosto d’uva: nel nostro paese, infatti, nell’ultimo anno è nato uno stile birraio ufficialmente riconosciuto denominato I.G.A. (Italian Grape Ale). Si tratta di birre che prevedono nella loro conformazione, oltre al mosto fatto con il malto d’orzo, una percentuale di mosto d’uva: birre con un sapore innovativo, complesso, che ci aiuterebbe a legarci ulteriormente a questo territorio dove sorge il birrificio.

Per noi è molto importante continuare a legare la nostra attività a questo luogo, se non altro perché molto frequentato da turisti che probabilmente si recano qui per la qualità dei vini, ma che sicuramente sono mossi anche da una certa “cultura del bere”. Se a questo aggiungiamo che parte del turismo del Chianti proviene dagli Stati Uniti o dal Nord Europa, dove esiste una cultura dei birrifici ben radicata, pensiamo di aver operato un’ottima scelta geografica nell’installarci in questa zona. Infine, manifestazioni come “Cantine Aperte” o “L’Eroica”, oltre che alla vivacità di iniziative continue in questa zona, può aiutarci anche ad effettuare periodiche aperture dello stabilimento, per degustazione diretta dei nostri prodotti. L’idea è quella di promuovere una serie di eventi annuali all’interno del birrificio per permettere alla gente di visitarlo e di assaggiare direttamente qui le nostre birre: trasformarsi per un pomeriggio ogni tanto in un “Brew Pub”, cioè quei luoghi dove la birra viene prodotta e direttamente spillata al cliente. Era questo uno dei nostri sogni iniziali, quando abbiamo iniziato a delineare questa nostra idea”.

Un idea che, per quanto di recentissima applicazione, sta già portando a Stefano, Marco e Giulio una serie di attestati di stima, riconoscimenti e interessamenti verso la loro produzione non indifferente:  

“Già adesso, a distanza di pochi mesi le nostre birre sono distribuite: principalmente nella zona del Chianti, perché fin dall’inizio abbiamo voluto concepire il nostro prodotto come quello della città e del territorio che ci ospitano. In Valdarno si possono trovare in varie attività che da subito hanno creduto in noi ed apprezzato la qualità del prodotto: ad esempio al Wip di Terranuova Bracciolini, al One Love di San Giovanni Valdarno, al Covo dei Ricci e al Gocce d’Uva a Figline, all’Enoteca Banchelli e al Fior di Pizza a Montevarchi e stiamo prendendo accordi e proponendoci in molti altri luoghi anche fuori dalla nostra valle. Oltre a questo ci stiamo muovendo per partecipare a festival e iniziative e esposizioni di birre artigianali nazionali: adesso che abbiamo superato il primo scoglio dell’apertura, l’idea è quella di lavorare e investire sul prodotto”.

 

Articoli correlati