La richiesta dell’associazione di categoria ai sindaci del Valdarno fiorentino: “Chiediamo di azzerare la Tari 2021 a pubblici esercizi, strutture ricettive, cinema, teatri, circoli ricreativi, associazioni e strutture sportive”
Azzerare per il 2021 l’intero importo della Tari per pubblici esercizi, strutture ricettive, cinema, teatri, circoli ricreativi, associazioni e strutture sportive comprese le palestre ed abbatterlo per il solo periodo di chiusura delle attività con codici Ateco chiusi in Zona Rossa come parrucchieri ed estetisti. È quanto richiede CNA Valdarno Valdisieve ai sindaci del Valdarno fiorentino, invitandoli ad imitare il Comune di Empoli. "Solo Figline Incisa infatti, al momento, ha preso provvedimenti per ridurre quanto meno la tassa", spiega l'associazione di categoria.
“Sappiamo bene – precisa Sandra Pelli, presidente di CNA Valdarno Valdisieve – che da sola questa misura non basta, ma costituirebbe un segnale di attenzione delle amministrazioni comunali nei confronti di tutte quelle attività legate al mondo del commercio alle prese con la crisi legata al Covid. In un momento così complesso sentire la vicinanza della Pubblica amministrazione è importante. L’intervento sarebbe senza dubbio una boccata d’ossigeno. In un periodo di forte contrazione degli incassi, come quello attuale, i costi fissi rischiano di affossare definitivamente le nostre aziende. Un’azione così decisa sulla tariffa sui rifiuti ci consente di risparmiare risorse da poter destinare alla ripartenza delle nostre attività”.
Le imprese artigianali attive in Valdarno fiorentino e Valdisieve hanno sostanzialmente tenuto nel primo anno di pandemia diminuendo solo dello 0,2%, ma a preoccupare CNA è la scomparsa della voglia di fare impresa attestata dalla forte diminuzione di nuove imprese (-21%) registrate nel 2020 rispetto al 2019. Il crollo di nuove imprese è più forte a Figline Incisa (-27%, quasi stabili Reggello e Rignano.
“Il decreto Sostegni ha finalmente recepito ciò che CNA chiede da tempo – continua Pelli – fondi perduti in base alla diminuzione di fatturato, indipendentemente dal settore in cui l’azienda si trova ad operare, ma non ci soddisfa: si tratta di pochi spiccioli e per pochi. Il meccanismo che dà diritto al contributo, infatti, richiede una perdita di fatturato di almeno il 30%. Il risultato? Riceverà il sostegno solo un’impresa su 4 ignorando che tutte hanno dovuto sottostare a chiusure, comprare dpi, lottare contro la mancanza di lavoro, patire la riduzione di mobilità, pagare affitti, contrastare riscossioni difficili, sopperire a mancanza di credito, affrontare il rincaro di materie prime. Cosa si sarebbe dovuto fare? Niente di trascendentale: adottare un meccanismo progressivo che aumenta l’entità del beneficio in base alla perdita di fatturato” conclude Pelli.