All’interno della riserva naturale di Vallombrosa, si trova la più grande collezione di piante d’Italia: l’Arboreto sperimentale di Vallombrosa – Un museo a cielo aperto dove la biodiversità è la protagonista di uno spettacolo paesaggistico che consta di 5.000 esemplari suddivisi in oltre 700 specie arboree e arbustive.
Ad accompagnarci nella visita dell’arboreto è stato Fabio Iacopozzi giardiniere, dipendente dei carabinieri forestali. Proprio lui ripercorre la nascita e la storia della più grande collezione di piante nata a scopi scientifici e sperimentali d’Italia:”La foresta di Vallombrosa ha ormai 1000 anni per come la vediamo oggi. Nasce 1000 anni fa quando Giovanni Gualberto in fuga da Firenze, dalla Chiesa e dalla borghesia, si fermò qui nel cammino verso la Verna e Camaldoli in una notte di tempesta. Qui trovò riparo sotto un faggio che per miracolo mise le foglie in anticipo e abbassò i rami per proteggerlo. Questo faggio c’è ancora, non è lo stesso di mille anni fa ma è l’ottavo o nono pollone ed effettivamente ha questa capacità: mette le foglie in anticipo di una ventina di giorni rispetto a tutti gli altri faggi – si trova in corrispondenza della Cappella del faggio santo.”
Tra i primi alberi d’interesse per i monaci vallmbrosani, ci fu l’abete bianco. Smerciavano questo legname sia a Firenze che a Pisa. Portavano i tronchi tramite il corso dell’Arno fino ad arrivare a Pisa dove lo utilizzavano anche e soprattutto per gli alberi maestri delle navi. Veniva anche utilizzato a Firenze in epoca rinascimentale per i grandi palazzi della borghesia che avevano bisogno non più delle case torri fatte col legno di quercia ma di palazzi più grandi per far sfoggio della loro ricchezza che stava crescendo: un albero di questo tipo può dare delle travi più lunghe per poter fare distanze più grandi.
Iacopozzi continua a raccontare arrivando alla vera e propria nascita dell’Arboreto:”Arrivò l’Unità d’Italia e con lei, le intuizioni di Vittorio Emanuele; tra queste quella di copiare gli inglesi. Grazie a lui nasce a Vallombrosa la prima scuola forestale italiana, l’allora Regia accademia forestale. Gli studenti avevano bisogno di toccare con mano il materiale didattico. Ecco che nasce l’Arboreto, fondato nel 1870 da Adolfo di Berenger, primo direttore dell’Istituto Forestale. “
Prima di entrare nell’Arboreto vero e proprio, si passa da un’area che è stata precedentemente un vivaio e che adesso è uno spazio adibito alla collezione di piante officinali. Alcune di queste: Il salice bianco- dalle sue foglie si estrae l’acido acetilsalicilico che è il principio attivo dell’aspirina (già utilizzato dagli indiani d’America come calumet della pace); La digitalis purpurea che rallenta il numero dei battiti del cuore; Un falso pepe cinese che ha delle bacche come quelle del pepe rosa, ma che è chiamato anche albero del madidenti poichè schiacciando la bacca tra i denti viene a crearsi una sorta di anestesia.
L’attuale arboreto è suddiviso in sette “arboreti” realizzati in epoche diverse, una per ciascuno dei curatori che si sono succeduti dall’anno della sua fondazione. La nostra guida:”Entrando dall’Arboreto di Berenger si può notare da subito che le piante vengono da tutto il mondo. I semi venivano spesi per posta come se fossero lettere e proprio in virtù della sperimentazione, non c’era uno schema da seguire per la collocazione delle piante. Si cercava di capire come sarebbero cresciute e a cosa sarebbero potute servire. Uno dei protagonisti di questa parte è il calocedrus, l’abero delle matite proprio perchè ricavate dal suo legno.”
Continua e conclude Iacopozzi:“A proposito di particolarità, passando per il Viale dei Giganti, ci si imbatte nella Taxus baccata – la pianta della morte. Ongni sua parte è velenosa, tranne l’arillo, il suo falso frutto (dato che è una conifera). Si tratta di una bacca carnosa e commestibile, tranne per il suo seme, velenosissimo. Veniva usato per la costruzione degli archi (oltre al legno molto elastico, c’era la possibilità di avvelenare le frecce). Negli ultimi anni viene usato un suo alcaloide per la lotta contro i tumori al seno. Siamo arrivati alla più imponenete, l’americana pinus lambertiana originaria delle montagne rocciose, alta 54 metri, ha una circonferenza a petto d’uomo quasi 8 metri, veniva usata come docificante. Questa specie ha il record per la second apigna più grande del mondo.” Si conclude la visita con il Belvedere delle sequoie, un vanto per gli Arboreti di Vallombrosa, le quali sequoie, giovanissime, hanno misure veramente notevoli.
Nell’Arboreto di Vallombrosa vengono condotte diverse sperimentazioni ed essendo riserva naturale, la legna dei tronchi non viene più usata per gli scopi prima citati. Adesso, per esempio stanno cercando di capire, attraverso dei sensori, la fluorescenza della Douglasia – per capire di quanta luce può aver bisogno per fare la fotosintesi.