22, Dicembre, 2024

Toscana in zona rossa, le preoccupazioni di Cna, Confartigianato, Confesercenti. “Tutti i settori sono in sofferenza”

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Binazzi (CNA Arezzo): “Non regge la distinzione tra le attività chiuse e quelle che, pur aperte, hanno un giro d’affari ai minimi storici”. Confartigianato a fianco dei centri estetici chiusi: “I nostri imprenditori hanno investito tantissimo per garantire la massima sicurezza di clienti e dipendenti”. Checcaglini (Confesercenti Arezzo): “Ora i ristori siano tempestivi”

Preoccupazioni fra i rappresentanti delle categorie economiche in Valdarno e in provincia di Arezzo, per le conseguenze che avranno le misure di contenimento da 'zona rossa', in cui si trova da oggi la Toscana, sulle attività economiche. 

“La Regione Toscana ha cambiato colore tre volte nel giro di una settimana – lamenta Franca Binazzi, presidente CNA Arezzo – imprese e cittadini non possono rincorrere i provvedimenti d'urgenza: così facendo non si fa che aggiungere incertezza ad incertezza". Critiche anche al Decreto ristori: "Bisogna uscire una volta per tutte dalla logica dei codici Ateco e concedere contributi a fondo perduto per tutti, in base alla diminuzione di fatturato, unico strumento che effettivamente fotografa l’andamento delle imprese. Il riferimento non può essere limitato allo scorso mese di aprile ma deve tenere in considerazione un periodo più congruo, considerando la ciclicità di molti settori dell’economia". 

C'è poi il capitolo delle tasse. "Occorre provvedere alla cancellazione, e non al rinvio, del pagamento delle tasse almeno fino a primavera. E lo dico alla vigilia di alcune scadenze come l’Iva mensile e i contributi per i dipendenti (lunedì 16 novembre). Decreto dopo decreto continuiamo ad essere ancorati ad una gestione emergenziale, gli imprenditori non sanno che futuro li aspetta, non sanno come e quando potranno riorganizzare l’azienda, di fatto siamo bloccati e il lavoro collassa. Le nostre imprese vivono del fatturato, di ciò che entra in azienda e ora il lavoro è congelato. Basti guardare i dati dell’export aretino del primo semestre: oreficeria – 44%, pelletteria – 30%, tessile e abbigliamento 21%. I dati sono il risultato di un blocco della produzione non essendoci più mercati esteri in grado di assorbirla, ma lo stesso vale per il mercato interno".

"L’allargamento delle restrizioni – continua Binazzi – rende superflua la distinzione tra le attività chiuse per ordinanza e quelle che, pur rimanendo aperte, vedono il proprio giro d’affari fortemente ridimensionato. Il crollo della domanda sta interessando segmenti sempre più ampi di mercato, comprese le attività che, data l’impennata dei contagi, lavorano a ritmi rallentati per effetto di isolamenti e quarantene. La contrazione prolungata di lavoro determinerà una forte riorganizzazione aziendale e mancanza di liquidità. In questa situazione, in cui la manovra 2021 da 38 miliardi comporterà 20 miliardi di scostamento di bilancio (il quinto dall’inizio della pandemia) con la contrazione del Pil 2020 pari al 10%, perché il ricorso agli ammortizzatori sociali deve riguardare solo i privati? Perché l’unica misura applicata al settore pubblico è lo smart working con gli effetti che tutti noi sperimentiamo quotidianamente? Infine, le nostre imprese continuano a registrare ritardi inaccettabili sul trasferimento delle risorse per il sostegno al reddito dei lavoratori. Quelli dell’artigianato hanno ricevuto solo le prestazioni del mese di giugno e siamo già a novembre”. 

Forti preoccupazioni vengono espresse anche da Confesercenti Arezzo, con il direttore Mario Checcaglini che commenta: “Erano stati annunciati cambi di colore delle regioni dopo attente valutazioni sull’andamento dei contagi. Per vedere gli effetti delle misure restrittive servono settimane e quindi non riusciamo a capire come si possa procedere a distanza di pochi giorni con decisioni così repentine che incidono sulle famiglie, sulle attività e sull’economia. Dal giallo, all’arancione fino al rosso, il passaggio in Toscana non permette di comprendere quale motivazioni siano alla base dell’inasprimento delle misure restrittive. A questo punto serve altrettanta rapidità per garantire immediatamente i ristori a chi, di fronte a incassi a zero, deve comunque adempiere a scadenze. Le imprese sono ormai paralizzate. Il futuro è incerto e quindi chiediamo la certezza di misure atte a fronteggiare l’emergenza economica e non solo sanitaria”.

Confartigianato Arezzo parla di "uno stillicidio, vivere giorno per giorno senza sapere se c’è un domani". Il presidente di Confartigianato Estetica Toscana Pierluigi Marzocchi aggiunge: "Alcune scelte del Dpcm dello scorso 3 novembre non ci hanno convinto fin dall’inizio e, in particolare, non ci ha convinto la limitazione progressiva all’esercizio di alcune attività che si erano organizzate per gestire in modo responsabile il rischio del contagio. Il passaggio dalla zona gialla alla zona rossa in pochi giorni ha creato sconforto nelle imprese e confusione nei clienti. Reduci da un periodo di chiusura prolungata che ha costretto molte aziende ad abbassare per sempre la saracinesca, i centri estetici e i saloni di acconciatura di Confartigianato avevano riaccolto la propria clientela con la professionalità di sempre, offrendo quella sicurezza che durante il periodo del lockdown primaverile è stata messa a rischio dal dilagante fenomeno degli operatori abusivi". 

"Il divieto di spostamento – spiega a sua volta Barbara Catani, presidente di Confartigianato Acconciatori Toscana – al di fuori del Comune di residenza imposto nel momento in cui la Toscana è diventata zona Arancione e la chiusura in toto dell’estetica con il passaggio in zona rossa non solo ha ulteriormente inasprito le evidenti difficoltà economiche per i nostri imprenditori ma sta creando anche un crescente disagio per i cittadini che si vedono privati della possibilità di usufruire del loro operatore di fiducia o di compromettere radicalmente l’esito di trattamenti in corso che, spesso, non sono sfizi ma necessità. Tutto questo senza contare che sempre più dati ci indicano che il Covid sta pesantemente colpendo l’occupazione femminile. Ci chiediamo se la scelta di chiudere o di limitare queste attività, che per più dell’80% impiegano proprio personale femminile, sia una scelta appropriata e lungimirante". 

Glenda Venturini
Glenda Venturini
Capo redattore

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