25, Dicembre, 2024

22 luglio, Liberazione di Terranuova

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Sottotitolo: Il 22 luglio 1944, quando le esplosioni cambiarono per sempre il volto di un paese. Nell’estate del 1944, Terranuova Bracciolini, preparava ad un evento che avrebbe segnato indelebilmente la sua storia millenaria. L’Italia era ancora divisa sotto il giogo del regime fascista, ma l’arrivo imminente dei partigiani e degli alleati prometteva la Liberazione. Tuttavia, la guerra aveva ancora delle sorprese in serbo.

L’atmosfera estiva, con il cielo sereno e il caldo che avvolgeva la campagna, non riusciva a nascondere l’agitazione che serpeggiava tra i cittadini. Le notizie di una ritirata tedesca imminente aumentavano l’ottimismo, ma c’era anche una crescente preoccupazione per le intenzioni dei soldati nemici che ancora occupavano il paese. Prima della Liberazione, infatti, le truppe tedesche posero mine e esplosivi strategici in diversi punti chiave del paese, con l’intenzione di minare le infrastrutture e impedire l’avanzata degli Alleati.

Mauro Panichi, un giovane elettricista con il braccio ingessato, aveva un permesso speciale che gli consentiva di girare liberamente per Terranuova Bracciolini. Durante le sue passeggiate, Mauro notò qualcosa di inquietante: i tedeschi stavano effettuando misurazioni dettagliate sugli edifici principali del paese. Questo sollevò sospetti tra la popolazione locale, ma molti considerarono le sue osservazioni come esagerazioni giovanili, nonostante il clima di tensione. Ad ogni modo il giovane Panichi giocò un ruolo eroico nel disinnescare un’importante mina, prevenendo una catastrofe ancora maggiore per la città.

Il 21 luglio del 1944, un venerdì che avrebbe dovuto essere ordinario con il mercato settimanale, si trasformò in un giorno di paura e caos. Le autorità locali intimarono l’evacuazione immediata di tutti i residenti verso le campagne circostanti, presumibilmente in previsione della ritirata tedesca e dell’imminente liberazione. La mattina portò con sé la consapevolezza che qualcosa di tragico stava per accadere.

Nel primo pomeriggio, intorno alle 14:30, Terranuova Bracciolini era pressoché deserta. Le case erano state sbarrate con assi di legno, mentre le famiglie cercavano rifugio nei punti più sicuri che potevano trovare. L’ansia era palpabile tra gli abitanti, divisi tra la speranza per il futuro e la paura per ciò che avrebbe potuto accadere.

Poi, intorno alle 2:30 del mattino del 22 luglio, un boato terribile squarciò il silenzio notturno. Uno scricchiolio sinistro segnò l’inizio di un incubo per Terranuova Bracciolini. Esplosioni coordinate rasero al suolo parti cruciali del centro storico: le torri medievali che avevano vegliato sul paese per secoli, le porte antiche che avevano accolto generazioni di residenti e visitatori, e anche il teatro settecentesco, un simbolo di cultura e comunità. Le esplosioni furono così potenti che il cielo notturno si illuminò di un bagliore sinistro, seguito da un’acre puzza di polvere e distruzione. Le strade erano coperte di detriti fumanti, mentre i residenti affrettavano il passo verso il cuore spezzato del loro paese.

Al sorgere del sole, l’immagine che si stagliò di fronte agli occhi attoniti degli abitanti fu devastante. Le icone di Terranuova Bracciolini erano scomparse, sostituite da montagne di macerie e polvere. Il campanile dell’arcipretura, segnato ma ancora in piedi, diventò un faro di speranza in mezzo alla distruzione. Gli abitanti, divisi tra il sollievo per essere sopravvissuti e il lutto per ciò che era stato perduto, si radunarono nei rifugi improvvisati, con il cuore in gola e il futuro incerto.

Subito dopo l’esplosione, le truppe Alleate, entrarono a Terranuova Bracciolini, era il 24 luglio. L’arrivo delle forze Alleate portò un immediato senso di liberazione e speranza tra la popolazione locale. I soldati furono accolti calorosamente e il paese divenne un simbolo tangibile della fine dell’occupazione tedesca nella regione.

Dopo la Liberazione, Terranuova Bracciolini affrontò una fase di ricostruzione fisica e morale. Il Comitato di Liberazione Nazionale e altre figure locali guidarono gli sforzi per ripristinare le infrastrutture danneggiate e fornire assistenza alle famiglie colpite dalla guerra. La solidarietà e la resilienza della comunità giocarono un ruolo fondamentale nel recupero del paese.

Testimonianza tratta da Memorie della guerra e della Resistenza nel Valdarno Superiore a cura di Ivo Biagianti

”Via via che i tedeschi si ritiravano e avanzavano gli alleati, la popolazio-ne, compreso chi vi parla, lasciò il paese e si ritirò in campagna. Io ero al podere dell’Inferno dove stava il Gloter e vi posso dire che qualcosa ancora si mangiava, ma c’era scarsità di grano perché il nuovo raccolto era ancora nei campi. La gente mangiava e dormiva negli stalletti dei maiali debitamente ripuliti o in trincee scavate nel bosco. Questo durò per quindici o venti giorni. Una notte si sentì un boato immenso, tra le 3 e mezza e le 4 del 21 luglio; all’albeggiare, si vide questa nuvola di polvere e ricordo che, per la prima volta, io e il Vangelisti, il padre del ragionier Carlo Alberto, dicemmo: “Andiamo a Terranuova, a vedere quello che è successo. Quando arrivammo alla porta di Staderino, incontrammo due inglesi con i cercamine, e ci avvicinammo. Erano in realtà sudafricani, cioè cittadini delle colonie inglesi. Visto che noi ci avvicinavamo, ci accennavaro verso la cartiera dove si vide un carro armato. Noi due andammo lassù e vedemmo che erano i primi carri armati inglesi che arrivarono provenendo dalla direttrice della via Setteponti. Gli alleati arrivavano in Valdamo lungo due direttrici, una la strada dei Setteponti e l’altra “la montagna di sotto”, la zona fra Bucine e Ambra: da qui calavano giù nella vallata.”

“Quando noi arrivammo lì, alle 9 circa, vedemmo che gli inglesi accettavano immediatamente la popolazione intorno ai carri armati a far festa con vino e vinsanto e loro cominciarono a distribuire sigarette e cioccolata e soprattutto pane. Ed era pane bianco. Noi avevamo veramente fame, perché erano giorni ormai che di notte si mieteva il grano, lo si batteva a mano nei campi, poi lo si portava al mulino di Savio (Frosali), e li, con gravissimo rischio della vita, lo si macinava e si portava a spalle il sacco della farina. In questo periodo era venuto a mancare il grano, – eravamo di luglio -, perché era rimasto nei campi non mietuto.”

“Dopo poche ore, il 22 luglio, il Comitato di Liberazione Nazionale di Terranuova, del quale facevano parte Bruno Morbidelli per il Partito co-munista, Andreini, Ducci per i socialism mero a sti e ato d’arista, e altri, presero possesieme ai partigiani amo poche ore ario in banda di Bob (banda mai riconosciuta colava ri giama) Ricordo che una sera, all’attuale sala Verdi, mentre si balasi o si vide spalancare la porta e entrare la polizia militare alleata e non si capi bene con chi se la prendessero fatto sta che sette o otto persone furono prese di peso e butaic dalla finestra. Gli inglesi andarono via e tornarono verso le quattro del mattino: la polizia militare arrestò una decina di persone tra cui Bob, poi furono processate e rimasero in prigione per quindici o venti anni. Bob abitava in una casa di piazzale Trento. Queste persone furono processate per le malefatte compiute durante la guerra. Terranuova fu governata in seguito da un governatore militare sudafricano, che fu appoggiato dal Comitato di Liberazione Nazionale.

“Dopo 26 giorni cambiò il governatore, venne un sudamericano (brasilia-no), che buttò fuori tutti, mise a capo di una giunta nominata da lui, un certo Mario Fumagalli, che era un terranuovese trasferitosi in passato a Milano e che era tornato qui durante la guerra. Questi fece il sindaco per diverso tempo, fino a che, così mi pare, non furono fatte le prime elezioni amministrative: fu eletto allora Bruno Morbidelli; ormai si erano ricostituiti i vecchi partiti con i vecchi iscritti.”

Le foto di questo articolo sono tratte da: Montevarchi “I giorni della Liberazione” di Antonio Losi; Archivio ‘900 di terranuova Bracciolini.

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