31, Gennaio, 2025

Oleg Mandić a San Giovanni Valdarno: la testimonianza dell’ultimo bambino di Auschwitz e la presentazione del libro di Filippo Boni

Articoli correlati

In Vetrina

Più lette

In Vetrina

San Giovanni Valdarno ha vissuto oggi un momento di profonda riflessione e commozione in occasione del Giorno della Memoria e dell’80° anniversario della liberazione del campo di sterminio di Auschwitz-Birkenau. Alla Pieve di San Giovanni Battista si è svolto l’incontro con Oleg Mandić, l’ultimo bambino uscito vivo dal lager nazista, testimone diretto di una delle pagine più tragiche della storia dell’umanità. L’evento è stato l’occasione per presentare l’ultimo libro scritto da Filippo Boni, Mi chiamo Oleg. Sono sopravvissuto ad Auschwitz.

L’evento, organizzato dal Comune di San Giovanni Valdarno in collaborazione con diverse associazioni del territorio, ha visto la partecipazione di un pubblico numeroso e attento, composto da cittadini, studenti, insegnanti e rappresentanti delle istituzioni. L’obiettivo dell’iniziativa è stato chiaro fin dall’inizio: mantenere viva la memoria della Shoah, ricordare il destino di milioni di vittime innocenti e trasmettere alle nuove generazioni il valore della testimonianza diretta.

L’incontro è stato aperto dai saluti istituzionali del sindaco Valentina Vadi, che ha sottolineato l’importanza di eventi come questo per non dimenticare ciò che è stato e per contrastare ogni forma di negazionismo e revisionismo storico. “Abbiamo il dovere morale di raccogliere la testimonianza di chi ha vissuto sulla propria pelle l’orrore dei campi di sterminio,” ha dichiarato la sindaca,”E di far sì che queste voci non si spengano mai. Ricordare non è solo un atto di rispetto verso le vittime, ma un impegno verso il futuro, affinché tragedie simili non abbiano più a ripetersi.” A moderare l’incontro è stato Roberto Vitale, presidente della Fondazione Cinzia Vitale Onlus, che ha introdotto la figura di Oleg Mandić, ripercorrendo brevemente la sua storia e il significato della sua testimonianza.

Oleg Mandić è, come molti altri sopravvissuti ai campi di sterminio, una vittima del trauma bellico, un dolore che non si esaurisce con la fine della guerra, ma che accompagna tutta la vita. L’esperienza di Auschwitz non si è conclusa il giorno della sua liberazione: il ricordo dell’orrore, delle privazioni e della costante minaccia di morte è rimasto impresso nella sua mente, segnando profondamente la sua esistenza. Nel corso dell’incontro, Mandić ha parlato della difficoltà di tornare a una vita normale dopo l’esperienza nel lager, sottolineando come il dolore della guerra non finisca mai veramente per chi lo ha vissuto sulla propria pelle. Tuttavia, nonostante le ferite indelebili, ha scelto di trasformare la sua sofferenza in memoria attiva, dedicando la sua vita a raccontare la sua storia affinché tragedie simili non si ripetano mai più.

Mandić ha ripercorso i momenti più drammatici della sua prigionia, iniziata nel 1944, quando fu arrestato a soli 11 anni insieme alla madre e alla nonna. Non era ebreo, ma fu deportato perché la sua famiglia era attivamente coinvolta nella Resistenza contro i nazisti. Ad Auschwitz, ha vissuto l’indicibile: la fame, le umiliazioni, i lavori forzati, la minaccia costante della morte.

Uno dei momenti più toccanti del suo racconto è stato quando ha descritto la sua permanenza nel famigerato reparto del dottor Josef Mengele, tristemente noto per i suoi esperimenti pseudoscientifici sui prigionieri, in particolare sui bambini.

Ero stato inserito nella sezione dei gemelli,” ha raccontato, “ma per un caso fortuito sono stato dimenticato lì. Se fossi stato selezionato per uno di quei ‘test’, oggi non sarei qui a parlarvi.”

Il pubblico ha seguito con un silenzio carico di emozione la narrazione dei giorni successivi alla liberazione del campo, avvenuta il 27 gennaio 1945, quando l’Armata Rossa irruppe ad Auschwitz trovando migliaia di prigionieri ormai ridotti allo stremo. “Alle mie spalle,” ha ricordato Mandić, “si chiuse il cancello di Auschwitz e si abbassò la sbarra con la scritta ‘Arbeit macht frei’. Sono stato l’ultimo prigioniero a uscirne vivo.”

La presentazione del libro Mi chiamo Oleg. Sono sopravvissuto ad Auschwitz. Durante l’incontro, è stato presentato anche il libro “Mi chiamo Oleg. Sono sopravvissuto ad Auschwitz”, scritto da Filippo Boni insieme allo stesso Oleg Mandić e pubblicato da Newton Compton Editori. Il volume ripercorre la sua incredibile vicenda, intrecciando il ricordo personale con un’attenta ricostruzione storica. Boni, intervenendo nel dibattito, ha sottolineato l’importanza di raccogliere e diffondere le testimonianze dirette dei sopravvissuti. “Purtroppo, il tempo sta portando via le ultime voci di chi ha vissuto l’orrore dei campi di sterminio,” ha detto. “Per questo, libri come questo diventano strumenti fondamentali per conservare la memoria storica e trasmetterla alle future generazioni.”

L’invito di Mandić. “Non odiare,” ha detto con voce ferma. “L’odio non porta a nulla, se non a nuova sofferenza. È un’emozione che divora dall’interno, che distrugge chi la prova prima ancora di chi ne è il bersaglio. Io ho visto il male assoluto, ho visto persone trasformarsi in carnefici senza più un briciolo di umanità. Ma ho scelto di non odiare, perché l’odio genera solo altro odio. È questo il messaggio che voglio lasciarvi oggi.”

Filippo Boni, autore del libro:” Oleg Mandic è una persona straordinaria, fuori dal comune. Sopravvissuto ad Auschwitz, da oltre 40 anni porta in tutta Europa un messaggio di pace e fratellanza, rivolgendosi in particolare ai giovani. All’età di 92 anni, continua instancabilmente a raccontare la sua storia affinché nessuno dimentichi. Oggi più che mai abbiamo bisogno di parole come le sue, di un messaggio di amore e unità tra i popoli. È stato un onore poter dialogare con lui e raccogliere la sua testimonianza in un libro che lascerà un segno nella memoria collettiva. Speriamo che questo seme possa germogliare.”

Valentina Vadi, sindaco di San Giovanni Valdarno:“È un’emozione fortissima, una testimonianza autentica e profonda qui alla Pieve di San Giovanni Battista in occasione della Giornata della Memoria. Abbiamo il grande piacere di ospitare Oleg Mandic, l’ultimo bambino uscito dal campo di sterminio di Auschwitz: aveva solo 11 anni quando il campo venne liberato. Quest’anno ricorrono gli 80 anni dalla liberazione di Auschwitz, rendendo questa giornata ancora più significativa. Ringrazio di cuore Oleg – mi permetto di chiamarlo per nome – per essere qui con noi, e un grazie speciale a Filippo Boni, autore di un libro straordinario che consiglio a tutti di leggere. La memoria è fondamentale: come ci insegnano i sopravvissuti, ricordare serve a evitare che certi errori si ripetano.”

Leonardo Degl’Innocenti o Sanni, sindaco di Cavriglia:“Oggi è stata una giornata intensa ed emozionante. Questa mattina abbiamo accolto Oleg in Comune a Cavriglia, dove, insieme a Filippo Boni – in questo caso non solo vicesindaco ma soprattutto autore di un libro straordinario – gli abbiamo conferito una benemerenza in segno di riconoscenza. Lo ringraziamo di cuore perché, nonostante i suoi quasi 92 anni, continua con determinazione a essere testimone della Storia, portando il suo racconto alle nuove generazioni. È un’opportunità unica per confrontarsi con lui e imparare da una delle ultime voci dirette di Auschwitz.”

 

 

 

Articoli correlati