23, Dicembre, 2024

Montevarchi-San Donà, 20 anni fa la partita perfetta. Il ricordo dei protagonisti

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È l’Italia-Germania del calcio montevarchino: il 14 maggio 1995 i sorprendenti aquilotti di Piero Braglia cercavano il sorpasso sulla capolista. Sotto di due reti nel primo tempo, sembrava finita. Ma negli ultimi cinque minuti successe l’impossibile: finì 4-2, fu apoteosi per la promozione in Serie C1

C'è la fede e c'è la tradizione, ci sono i valori e i campanili e tutte quelle cose inscalfibili dal tempo. Ma la vita di uno sportivo è un disperato inseguimento degli attimi, delle poche frazioni di 90 minuti che rendono diversa una domenica in mezzo a mille altre domeniche. Il 14 maggio 1995, a Montevarchi, fu semplicemente la domenica più bella di sempre.

Montevarchi-San Donà 4-2 è rimasta nella memoria collettiva del calcio rossoblù come la partita. Una rimonta storica: dal sogno infranto di una squadra di provincia che aveva osato spingersi troppo in alto fra le grandi e proprio sul più bello, alla penultima giornata, andava incontro al castigo, fino all’apoteosi di un destino ribaltato in extremis e di una festa di popolo mai più replicata. L'Aquila stava perdendo partita e campionato. In cinque minuti di totale esaltazione vinse entrambi.

Era la penultima giornata e il Montevarchi, secondo in classifica e vera rivelazione, ospitava i veneti, una squadra costruita per vincere, a un passo dall’obiettivo: 59 punti per il San Donà, 57 per i rossoblù che per tenere vive le ultime speranze avevano un solo risultato, la vittoria. Passano 20 minuti e il San Donà è già sul 2-0 con le reti Zanon e il capocannoniere Meacci. Sugli spalti tutti esauriti del Brilli Peri, gelido e fradicio sotto un diluvio torrenziale, serpeggia lo sconforto. Quella che va in campo dopo l’intervallo è un’altra Aquila. Menchetti accorcia le distanze, ma ancora non arrivano altri gol e il buon gioco sembra del tutto inutile. Mancano sei minuti al 90° quando succede l’impossibile: Scattini pareggia, Ermini sorpassa, Arcadio sigilla il successo. Doppia invasione di campo, il Montevarchi è primo in classifica e quella giornata, di fatto, consegnò ai rossoblù la vittoria del campionato e la promozione in Serie C1, certificata poi una settimana dopo dal leggendario esodo dell’ultima giornata, quando più di tremila montevarchini raggiunsero Lugo di Romagna con due treni speciali, pullman e auto private.
 

Sono passati 20 anni esatti e per l'occasione ci facciamo raccontare quella domenica da alcuni dei protagonisti di allora. Da quelli che il 14 maggio 1995, al Brilli Peri, c’erano: in campo, in panchina o sugli spalti.

“All’intervallo li avrei voluti picchiare”, dice mister Piero Braglia con la stessa grinta di allora. “Il San Donà aveva fatto molto bene ma noi non avevamo nemmeno iniziato a giocare. Bastò il primo gol per capire che la partita si poteva ribaltare. Da quel momento non ci saremmo più fermati e se l’arbitro ci avesse lasciato giocare per altri dieci minuti la partita sarebbe finita sul 7-2, o forse di più. I ragazzi presero gli avversari e se li mangiarono. A trovarne di giocatori così: quella era una grande squadra ed ebbe una crescita enorme in quell’annata eccezionale. Sono stato felice quel giorno. Per il Montevarchi e per la città”.

“Negli spogliatoi scattò qualcosa”, ricorda Massimiliano Menchetti, autore del gol che dette la scossa ai rossoblù, un sinistro telecomandato su calcio di punizione che spedì il pallone a insaccarsi poco sotto l’incrocio dei pali. “Mister Braglia non usò mezzi termini: ci disse che se perdevamo avremmo buttato via un’annata intera. Fu duro, ma ci fece ritrovare l’orgoglio, la fame. È un bel ricordo, vivo per tutti. Ancora oggi quando mi capita di incontrare qualcuno di Montevarchi scopro che mi ricordano per quel gol”. Menchetti chiede poi della recente promozione in Eccellenza, si fa raccontare la situazione attuale dell’Aquila. Segno che ancora segue le sorti rossoblù: “A Montevarchi auguro tutto il bene possibile. Ho passato lì quattro anni splendidi”.

A dare inizio ai cinque minuti di tripudio fu capitan Scattini, difensore con il vizio del gol, che all’84’ vola mezzo metro più in alto di tutta la difesa e di testa segna per il 2-2. “Difficile raccontarla a chi non l’ha vissuta. Sembrava chiusa dopo i primi 45 minuti di dominio del San Donà. Piero Braglia entrò negli spogliatoi a metà gara e in 30 secondi ci disse: “Mi avete deluso prima come uomini che come calciatori. Avete 45 minuti per dimostrare quello che siete”. Allora presi la parola io che ero il capitano e provai a tirar su il morale. Rientrati in campo eravamo indemoniati. Dopo la rete del 3-2 per la prima volta in vita mia piansi, e continuai a giocare piangendo per tutti gli ultimi cinque minuti. Ricordo due pilastri di quella squadra, Paolo Ponzo e Paolo Martelli, che se ne sono andati troppo presto. Ricordo due grandi presidenti come Vasco Farolfi e Lezio Losi, persone straordinarie. Son passati 20 anni, ma è come se fosse successo un mese fa”.

Emozioni non meno forti per chi quel giorno era in panchina. Alessio Batistini aveva 18 anni, era una promessa del settore giovanile e da quella stagione era stato aggregato alla prima squadra. “Ero in panchina – racconta – ma l’abbiamo vissuta come se tutti si fosse in campo. Gli ultimi dieci minuti sono stati la gioia calcistica più bella che si possa vivere.
Ricordo che pioveva, una pioggia incessante che scompigliava i capelli del nostro portiere Bigliazzi. Gli finivano sugli occhi, non riusciva a vedere il campo. Il mister stava diventando matto perché si raccomandava sempre di non farsi crescere i capelli. Mi mandò a cercare un cappello che non si trovava da nessuna parte – raccomta con un sorriso -. Fu un’esperienza bellissima, dall’inferno al paradiso. Ma è stato più bello vincere così che se fosse finita 3-0. Ancora oggi, ogni tanto, mi vado a rivedere le immagini della partita. Ogni volta tornano i brividi”.

Figurarsi cosa deve aver provato l’autore del gol del sorpasso, Manolo Ermini. “La pioggia battente, lo stadio pieno, i tifosi che urlavano già nel pre-partita. Usciti dal tunnel ci ritrovammo in una bolgia dantesca. È una di quelle partite che pochi giocatori hanno il privilegio di giocare. Le parole di Braglia tra il primo e il secondo tempo furono dure ma trasmettevano, carica, determinazione. Lui ci credeva ancora, non solo a parole. La sua forza diventò la nostra forza. Quando sei bambino e giochi con il pallone ti immagini sempre queste situazioni rocambolesche, il gol decisivo all’ultimo minuto. Quel giorno ho avverato il mio sogno di bambino. Ricordo le facce della gente a fine partita, l’incredulità: gente che piangeva, signori distinti col cappotto elegante che si gettavano sul campo fangoso per abbracciarci. Scene di dolce follia. Il compianto Paolo Ponzo ha giocato anche ad alti livelli. Ma ogni volta che ci siamo ritrovati mi diceva: l’emozione che di quel giorno non l’ho provata nemmeno all’esordio in Serie A”.

“Partite che accadono una volta ogni 100 anni”. Non ha dubbi Antonio Arcadio. Fu suo il sigillo finale, una galoppata di 60 metri, una breve esitazione, una rasoiata sul secondo palo a punire una difesa immobile davanti all’onnipotenza rossoblù di quegli istanti.
“Fu il coronamento di tutta la stagione, nell’anno più prolifico della mia carriera con 16 gol segnati. Avevamo iniziato con l’ambizione di fare un campionato tranquillo, salvandoci il prima possibile. C’erano il Livorno, il Castel Di Sangro, lo stesso San Donà: e chi poteva pensare a vincere il campionato? La coesione fece la differenza. Eravamo una cosa sola. Voglio ricordare specialmente Paolo Ponzo e Paolo Martelli, due pilastri fondamentali per la riuscita dell’impresa, due compagni di squadra che il destino ha voluto separare troppo presto da noi”.

Gli fa eco Angelo Livi, che oggi del Montevarchi è presidente, ma che da sempre ne è il primo tifoso. “Impossibile dimenticare prima di tutto l’apporto di Martelli e di Ponzo, che oggi non sono ci sono più ma sono sempre nei nostri cuori. Una giornata indimenticabile per i colori del Montevarchi. Quella squadra ci ha fatto divertire molto. Scattini, il capitano, segnò 11 gol. Ed era un difensore. Arcadio si lanciò verso il professionismo. La regia di Menchetti, un sinistro come non se ne sono più visti a Montevarchi. La guida tecnica di Braglia e la presidenza di Vasco Farolfi e Lezio Losi che spiegano tutto sulla forza societaria che avevamo. E poi tutti gli altri, i campionati si vincono tutti insieme, compreso il pubblico dell’esodo colossale a Lugo di Romanga della domenica successiva per l’ultima di campionato. Quella giornata dimostrò quanto è bello il calcio”.

A raccontare quella partita così come le precedenti e tutte quelle a venire, c’era Giustino Bonci, storico cronista delle sorti rossoblù, corrispondente de La Nazione dal 1986. Sua anche la telecronaca della gara. “È stata la partita più esaltante degli ultimi 30 anni. Fu epica per tanti motivi: per la giornata clamorosamente piovosa, per come il San Donà dimostrò tutta la sua forza nel primo tempo prima di commettere un grave errore, pensare di aver già vinto. Peccato di presunzione, perché il Montevarchi non era secondo a nessuno per carattere. Ricordo l’esultanza in sala stampa, ci ritrovammo tutti abbracciati sul gol di Manolo Ermini del 3-2. Il giorno dopo titolai: “Oltre l’impossibile”. A quel punto tutti eravamo convinti che l’Aquila avrebbe vinto il campionato. Come poi avvenne al termine dell’altrettanto storica trasferta di Lugo”.

Il tabellino della gara
Montevarchi – San Donà 4-2 (0-2)
Montevarchi: Bigliazzi, Ponzo, Frescucci, Di Mella (57’ Secci), Martelli, Scattini, Cammarieri, Arcadio, De Min (64’ Franchi), Menchetti, Ermini.
San Donà: Cecconi, Zanon, Cinetto, Garau, Gotti, Giacomin, Polesel, Cardini, Meacci, Caverzan (83’ Soncin), De Franceschi (55’ Tessariol).
Arbitro: Branzoni di Pavia.
Reti: 9’ Zanon, 20’ Meacci, 51’ Menchetti, 84’ Scattini, 87’ Ermini, 90’ Arcadio.

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