Una nuova figura introdotta dalla Asl Sud Est nello scenario della sanità: è l’infermiere di famiglia e comunità. Fase sperimentale in Valdichiana e in Valdarno. Poi sarà la volta dell’intera Asl
Entra in servizio una nuova figura professionale all'interno della Ausl Toscana Sud Est: si tratta dell'infermiere di famiglia e comunità, e la sperimentazione parte proprio dal Valdarno aretino, insieme alla Valdichiana. I primi ad entrare in attività sono, in questi giorni, infermieri esperti e già in organico Asl che hanno seguito appositi corsi di formazione. Poi sarà la volta dei nuovi assunti, 133 nell'intera Asl Toscana sud est. Ci saranno 8 infermieri ogni 50mila abitanti.
Il progetto è stato presentato dai vertici dell'Azienda sanitaria: “L'infermiere di famiglia – ha spiegato Simona Dei, Direttrice Sanitaria – è un elemento basilare del sistema socio sanitario toscano, una figura di riferimento per le persone. La sua attività si integra con quelle del medico di medicina generale, del pronto soccorso, dei servizi sociali e territoriali per realizzare un'unica presa in cura delle persone soprattutto fragili e complesse". “La nostra Asl – ha aggiunto il Direttore generale, Antonio D'Urso – crede fortemente nel ruolo dell'infermiere di famiglia. E l'approccio messo in atto sia dall'Ordine dei medici che da quello degli infermieri, rafforza e convalida questa impostazione: nessun antagonismo ma una sintesi positiva che aumenta la qualità dei servizi per le persona e rassicura l'Azienda sanitaria”.
La concreta attività dell'infermiere di famiglia e comunità è stata illustrata da Lorenzo Baragatti, Direttore del Dipartimento delle professioni infermieristiche e ostetriche: “Opera sulla presa in carico dei bisogni a tre livelli. Il primo è il suo rapporto individuale con le famiglie di cui diventa, ovviamente insieme al medico di base, un punto di riferimento personale: un professionista conosciuto e che conosce la famiglia per la quale opera. Il secondo livello è quello di gruppo, attraverso interventi che si rivolgono a gruppi di persone organizzati in funzione di specifici bisogni di salute. Infine il livello comunitario attraverso azioni preventive e educative rivolte alla popolazione. La collaborazione tra più professionalità crea le condizioni per creare un Piano assistenziale integrato e personalizzato".
Il progetto della Asl Tse vede gli infermieri di famiglia e comunità non come un piccolo nucleo di infermieri dedicati a questa attività, ma come modalità di lavoro e di assistenza orientate alla persona, alla famiglia ed alla comunità proprie di ogni infermiere operante nei diversi ambiti servizi territoriali. "E' il professionista – cotninua Baragatti – che riconosce in modo precoce i bisogni latenti della popolazione di riferimento, conosce la rete dei servizi presenti in quello specifico territorio ed è in grado di orientare e facilitare l’accesso appropriato e tempestivo dell’utente a tutti i servizi. L’IFC utilizza la propria competenza e professionalità per ottimizzare l’utilizzo di risorse e strumenti presenti nella famiglia. Intercetta rapidamente i bisogni, attraverso anche la valutazione degli elementi di rischio, si fa garante della presa in carico lungo l’intero percorso assistenziale e nella continuità delle cure".
E ancora: "Cura il monitoraggio dello stato di salute degli assistiti, mediante visite domiciliari, monitoraggi telefonici, telemedicina, l’educazione dei care giver e svolge programmi di supporto all’autocura consentendo l’accesso precoce ed appropriato ai vari servizi presenti sul territorio". Il tutto per rispondere al bisogno globale del singolo assistito, in raccordo diretto con il medico di medicina generale, il medico di comunità, gli assistenti sociali, i professionisti della riabilitazione.
Soddisfazione per questa sperimentazione è stata espressa da Giovanni Grasso, Presidente dell'Ordine degli infermieri di Arezzo e Coordinatore toscano della categoria, e dal Presidente provinciale dei Medici di medicina generale, Lorenzo Droandi.