Mauro Capitani è pittore di origini valdarnesi, seppure di fama nazionale ed internazionale e quando la sua terra, il Valdarno appunto, propone cose che stimolano la sua creatività, lui non si esime.“Esattamente” – risponde Capitani “il mio curriculum è ormai consolidato e lo dimostrano mostre importanti, come quella per i 50 anni della mia carriera, tenutasi a Palazzo Medici Riccardi o la pubblicazione uscita per i 50 anni di pittura con il Professor Antonio Paolucci, tutte conferme di una vita artistica che ha avuto importanti risvolti pubblici e che mi consente di rispondere a quei “campanelli” il cui suono mi affascina.
” Uno di questi campanelli è sicuramente il passaggio della mitica Mille Miglia da Montevarchi, il 18 Giugno, in occasione del quale Capitani ha fatto dono di una sua litografia autografata ai partecipanti, fra cui lo stesso Elkan. La passione per la Mille Miglia deriva dal fatto che Capitani detiene un’auto storica, regolarmente iscritta all’Asi e che a breve riceverà la targa d’oro, oltre al fatto che ricorda piacevolmente di aver conosciuto anni fa a Carrara, in occasione del Premio Torre di Castruccio, Giugiaro, nominato in quell’occasione per il design della Panda!
Capitani, dopo la morte di Paolo Rossi, ha lavorato anche a Prato: “E’ stata un’esperienza molto bella, nata da quel personaggio che è Carlo Palli, grande collezionista e donatore di opere, oltre che storico battitore d’aste e che sta creando il Museo Paolo Rossi, al Teatro Politeama di Prato”.
Le sirene suonate dalla vocazione artistica di una terra che ha dato i natali ad un Maestro quale Masaccio, non sono, però, esenti da qualche neo che il pittore di San Giovanni Valdarno puntualizza senza falsi pudori: “Non si può parlare propriamente di mancanze della nostra terra, il termine mancanze è oggi sinonimo di un tempo, di un’epoca e non si può attribuire solo al Valdarno. Il problema è che stiamo assistendo ad un cambiamento mentale e politico. Ad esempio, in Piazza Cavour a San Giovanni io, anni orsono, ho sentito parlare politici come Fanfani, che molti oggi non sanno più neanche chi sia.
Si tratta di una crisi del tempo, una crisi d’identità, è cambiata la politica, ma perché sono cambiati anche i politici” – prosegue Capitani – “mi spiego meglio: oggi il politico non impone, ma si adegua e questo facilita la creazione di fazioni che portano ad uno sfaldamento. Credo, insomma, che nella politica e nell’arte ci sia, oggi, tanta arroganza. Il politico non si pone il dubbio, mentre una volta sì ed il dubbio invece è assolutamente necessario per la crescita culturale! “Sono – secondo Capitani – tempi difficili per l’arte, anche perché essa ha bisogno di attenzione, di raccoglimento e non di cose becere, soprattutto perchè il mercato è cambiato e non si esalta più la qualità dell’artista”.
Capitani definisce i tempi moderni una vera e propria “pandemia artistica”.
Parlando di pandemia e di quella che ancora stiamo vivendo, il discorso cade sul nuovo Parco d’arte a cielo aperto, inaugurato domenica 13 giugno a Cavriglia e dedicato alle vittime del Covid. “Le iniziative che riguardano arte e cultura sono sempre e comunque delle rinascite, per cui un Simposio della Scultura non può che affascinare. Il termine stesso “Simposio”, sarebbe piaciuto ad un De Crescenzo! – prosegue Mauro Capitani – “Il covid ha cambiato, purtroppo, anche i cervelli, portando ad un isolamento soprattutto dei giovani. Ecco perché questa iniziativa promossa a Cavriglia è veramente ammirevole, perché “sfrutta” quella che è la realtà del momento e lascia un segno nella storia.
Pensiamo, ad esempio, al Trionfo della Morte di Buffalmacco nel cimitero di Pisa, che si riferiva alla morte per peste e che rappresenta oggi una testimonianza di quel tempo, il ‘300. Ecco, un domani il Parco d’Arte di Cavriglia sarà una testimonianza del nostro tempo e lo è già oggi. Il fatto stesso di aver richiamato artisti da varie parti del mondo lo rende ancora più attuale e conferma quanto dicevo sopra, ovvero che l’arte ha bisogno di stimoli! Giovanni Paolo II disse che l’arte avrebbe salvato il mondo, ma io preferisco dire che sarà il mondo a salvare l’arte, attraverso il dubbio ed il confronto”.