19, Novembre, 2024

Licenziata per una spesa, il giudice la reintegra. Il suo racconto: “Nei miei confronti anni di vessazioni”

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Angela Acconci era rappresentante della Usb dei lavoratori di Unicoop: dopo molte battaglie sindacali vinte, l’azienda l’aveva licenziata con il pretesto di una spesa da circa 40 euro non pagata subito (ma saldata nel giro di pochi minuti). Lei oggi racconta la sua storia: “Due anni di stazio”

È stato dichiarato illegittimo dal Giudice del Lavoro, dottoressa Davia, il provvedimento di licenziamento che Unicoop Firenze, nel maggio 2019, aveva emesso nei confronti della dipendente del punto vendita di Montevarchi Angela Acconci, colpevole di non aver saldato subito il pagamento di una spesa di circa 40 euro (pagata pochi minuti dopo). Una storia che aveva fatto molto discutere, perché Acconci, oltre che dipendente, era rappresentante sindacale Usb e aveva portato avanti, e vinto, battaglie contro l'azienda come quella per il tempo di vestizione. 

A raccontare la sua vicenda, oggi, è proprio Angela Acconci, in una lunga lettera in cui, alla luce della sentenza appena emessa, parla di "verità finalmente ripristinata", e narra le vicende prima e dopo il licenziamento. "Ho ricoperto il ruolo di sindacalista per 25 anni all’interno della Rsu di Unicoop.Fi nonché in ruoli apicali nella veste di dirigente nazionale Filcams CGIL. Nel 2016 sono entrata a far parte del sindacato di base Usb poiché non mi riconoscevo più nella politica sindacale portata avanti dalla CGIL la quale, a mio avviso, era non solo troppo accondiscendente nei confronti di Unicoop.Fi ma anche distante dal curare in maniera effettiva gli interessi dei lavoratori", è la premessa. 

"Da quando stata eletta nel sindacato di base Usb – continua Acconci – è iniziato il mio calvario. Ho iniziato a subire innumerevoli e pesanti vessazioni sul luogo di lavoro: sono stata sottoposta a continui cambi delle mie mansioni; sfrattata dal mio ufficio senza alcuna preventiva comunicazione in merito ma soprattutto rinvenendo, improvvisamente, tutti i miei fascicoli all’interno di un carrello della spesa; sono stata collocata in uno spazio angusto, nel quale solitamente avvengono i cambi moneta. Inoltre, ho subito numerosi attacchi pubblici dai rappresentanti CGIL interni all’azienda, tanto che un loro dirigente è riuscito a far sì che Unicoop.Fi irrogasse un provvedimento disciplinare nei miei confronti, fondato non solo su un’istruttoria interna sommaria ed irregolare ma anche su una ricostruzione dei fatti totalmente falsa, come riconosciuto dal Tribunale di Firenze, con sentenza del 2 febbraio 2021". 

"Le continue vessazioni  perpetrate nei miei confronti da Unicoop.Fi – racconta ancora – hanno inevitabilmente provocato in me uno stato di forte angoscia e prostrazione, il quale si è tramutato in una grave forma di ansia e depressione, tanto da necessitare la prescrizione medica cure psicologiche e psichiatriche. Nonostante le gravi ripercussioni psicologiche che ho subito, Unicoop ha proseguito a tenere svariate condotte persecutorie di nei miei confronti tanto da spingere la mia psichiatra, circa due mesi prima del mio licenziamento, a consigliarmi di inoltrare una richiesta di visita presso il Centro del Disadattamento Lavorativo di Pisa, a seguito della quale è stato reso evidente come il mio stato di salute fosse precipitato a causa delle continue vessazioni sul posto di lavoro".

"Durante il mio “calvario” – aggiunge Acconci – non ho mai cessato il mio attivismo in favore dei lavoratori e ho cercando di continuare a tutelarli e rappresentarli con la massima dedizione. Insieme a molti lavoratori, infatti, mi sono fatta promotrice di numerose azioni giudiziali nei confronti di Unicoop.Fi, a fronte della violazione, da parte della Cooperativa, dei diritti dei dipendenti. Ho promosso non solo una causa riguardante il cosiddetto “tempo tuta”, per ottenere che il tempo impiegato dai lavoratori per la vestizione fosse incluso nell’orario di lavoro, ma anche un giudizio sul corretto inquadramento lavorativo per i dipendenti Unicoop.Fi addetti agli ordinativi della merce. Tali cause, tra la fine del 2018 e l’inizio del 2019, si sono concluse con la soccombenza processuale di Unicoop, condannata a riconoscere il tempo della vestizione come tempo di lavoro nonché corrispondere a 54 dipendenti differenze retributive fino a 11 anni". 

Secondo Angela Acconci, sono state proprio queste vittorie sindacali a portarla verso il licenziamento: "A seguito dell’ultima mia vittoria in sede giudiziale Unicoop.Fi, mi ha licenziata, approfittando della prima occasione utile per liberarsi di una figura scomoda come la mia. L’episodio che ha portato al mio licenziamento è oggettivamente banale: nell’aprile del 2019 mi sono recata, come cliente, a fare la spesa presso il punto vendita Unicoop.Fi di Montevarchi. Giunta alle casse fast per pagare la merce ho passato la mia carta socio sul lettore, ho registrato i prodotti (3 uova di pasqua, un’insalata e un hamburger), ho selezionato la modalità di pagamento e ho introdotto il mio Bancomat. Convinta che il pagamento fosse andato a buon fine ho fatto un passo verso il cancelletto d’uscita dove, dopo aver cercato nella busta, ho più volte dichiarato alla mia collega Serra di non trovare lo scontrino: lei, nonostante avesse con sé il palmare aziendale e molti altri strumenti idonei a verificare il pagamento, mi ha rassicurato aprendo il cancelletto. Solo quando sono uscita dall’area casse ho sentito chiamare il mio nome tramite gli altoparlanti aziendali e una collega mi ha avvisato che il pagamento non era andato a buon fine. A quel punto ho pagato e sono andata via". 

"Il 26 aprile 2019, dieci giorni dopo, Unicoop.Fi mi ha consegnato una contestazione disciplinare nella quale l’azienda mi imputava di aver tentato di sottrarre la merce per un totale di circa 40 euro e disponeva il mio allontanamento immediato dal posto di lavoro. Il 17 maggio 2019 ho ricevuto il provvedimento di licenziamento. Ho impugnato in sede giudiziale il licenziamento e, a distanza di ben due anni, si è giunti all’attuale esito della sentenza. Due anni devastanti sotto ogni punto di vista, segnati da angoscia, da un’immane sofferenza, da continue calunnie ricevute da parte di molte persone oltre che dalla stessa Unicoop.Fi. La mia stessa identità è stata cancellata e sono diventata una persona fragile. Più volte ho pensato a gesti estremi. Con quell’accusa hanno tentato di togliermi anche la dignità e di annientarmi infangando il mio nome. Oggi sono spaventata da tutto, necessito di cure importanti e di continuo sostegno psicologico. Non avendo altri redditi in famiglia sono andata avanti con la Naspi ed è stato durissimo. Finalmente il 3 marzo 2021 è stata ripristinata la verità. Con una sentenza molto forte la giudice Dott.ssa Davia ha dichiarato il licenziamento nullo e illegittimo oltreché discriminatorio. Uno scempio compiuto da una Cooperativa che fa dei valori il perno della sua stessa funzione". 

Angela Acconci conclude la sua testimonianza ringraziando chi le è stato vicino: "In questi due anni di strazio ho comunque ricevuto dei doni inattesi e che devo onorare perché me lo impone la mia coscienza. In primis mio figlio che mi ha sostenuto e che ha portato con me questo macigno che ha condizionato anche la sua vita. Poi i miei cari e tanti colleghi ed amici che prima ho protetto e che a sua volta lo hanno fatto con me sopportando tanti soprusi a lavoro per questa loro scelta. Non meno importante è stato l’incontro con la Sindaca Silvia Chiassai Martini, una donna straordinaria che quest’assurda vicenda mi ha portato a conoscere, stimare e apprezzare. Determinante per l’esito della sentenza è stato conoscere il vicesindaco di Montevarchi Stefano Tassi a cui devo la mia vittoria legale e la mia salvezza oltre a un’infinita riconoscenza. Nessuno di loro mi conosceva e la Coop era sicuramente una potenza rispetto a una singola persona ma hanno scelto di stare accanto ai lavoratori e alla mia causa. Mi hanno permesso di svolgere lavori utili e gratuiti per la collettività invece di chiudermi in casa nel mio sordo dolore. Ho avuto una gran fortuna ad averli accanto e sono stati un balsamo per le mie ferite. Nessuno mi ha strumentalizzata, sento il dovere di ringraziarli perché in 25 anni di sindacato le altre amministrazioni si sono sempre mostrate indifferenti se non assenti ai problemi di una delle maggiori realtà del territorio. Infine ringrazio l’avvocato Franceso Ceccherini dello studio Manzo-Ceccherini e l’avvocato Marco Del Pinto, anche loro uomini straordinari prima ancora che eccellenti professionisti, per avermi guidato passo passo in questo calvario facendomi sentire il loro supporto morale oltre che legale. Questi 2 anni di vita tanto mi hanno tolto ma tanto umanamente mi hanno dato". 

Glenda Venturini
Glenda Venturini
Capo redattore

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