In due anni la pandemia ha messo a dura prova l’attività dei sanitari e della Asl Toscana sud est. A cominciare dai tamponi nasofaringei effettuati in modalità «pit stop» senza scendere dalla macchina in quelli all’aperto e in maniera rapida sequenziale in quelli a piedi. Una mole ingente, continua, delicata e complessa di lavoro. Un’attività che ha richiesto professionalità, sacrificio, impegno ma anche tanta sensibilità.
“In meno di due anni nelle postazioni della Asl sono stati effettuati circa 1.300.000.di tamponi molecolari, 540mila solo nella provincia di Arezzo – afferma il Direttore Generale della ASL Toscana sud est Antonio D’Urso – Dietro a questa enorme mole di lavoro ci sono medici, infermieri e oss che senza sosta hanno assistito migliaia di persone tutti i giorni in tutte le stagioni con ogni tempo. Se oggi riusciamo ad andare al cinema a teatro, a lavorare, a frequentare le palestre ed i ristoranti, lo dobbiamo in primo luogo a questi professionisti della salute (medici, infermieri, oss) che senza sosta hanno tracciato il virus nei drive though assistendo tutti senza distinzione,. Per la nostra azienda è stato ed è un impegno enorme, ma fortemente voluto e sostenuto con convinzione. Credo che, adesso che stiamo vedendo la luce in fondo al tunnel di questa pandemia, dobbiamo tutti riflettere e dare merito a queste donne e uomini che mai si sono fermati. Il sistema di “Drive Through” ha dimostrato di essere efficace e funzionale all’individuazione di come si muove il virus. Oggi le modalità sono molto cambiate e con i test antigenici vi sono più possibilità, ma il tampone molecolare e la possibilità di effettuarlo tempestivamente e in sicurezza rimane il fondamento del controllo della diffusione del virus.”
Racconta la propria esperienza Valerio Marescotti, infermiere e coordinatore di un team che opera in Valdarno. “Tutto è cominciato nel marzo 2020. Dalle normali sei ore giornaliere nei distretti cominciammo a fare straordinari, lavorando fino a 12 ore al giorno, eseguendo i tamponi domiciliari a pazienti sintomatici e agli ospiti delle Rsa. Le procedure eseguite erano nuove e molto complesse. Tutti noi eravamo impauriti (non lo nascondo) tanto che vivevamo separati dalle famiglie, io, ad esempio, l’ho fatto per tre mesi.
Anche il rapporto con i cittadini è profondamente cambiato. Nel primo lockdown le persone ci vedevano come eroi coraggiosi della prima linea, dopo due anni il rapporto con i cittadini è cambiato, adesso ci chiedono soprattutto ‘quando tutto questo finirà’. L’esperienza che mi piace ricordare è quella sotto la neve, forse perchè è anche recente. Dopo tanto lavorare ai drive, tra freddo e caldo, vedere la neve cadere ha avuto un effetto liberatorio e di bellezza estrema, come se il mondo ci dicesse: siete vivi e la vita continuerà.”
Il racconto di questi professionisti è quello di un’esperienza fatta di attenzione, di impegno, di lavoro ma anche di tanta umanità e sensibilità.
“Sono infermiera da più di 20 anni – racconta Lorenza Bani – Ne sono trascorsi solo due dall’inizio pandemia, ma alle volte mi sembra di vivere questa situazione da un tempo infinto. Talvolta mi sembra tutto appena iniziato, altre sembra che siano trascorsi quasi dieci anni, eppure meno di due anni fa eseguivamo i primi tamponi a domicilio, per gli utenti con sospetta patologia covid 19, operazione che ci portava via tanto tempo. Nessuno di noi poteva immaginare cosa sarebbe successo a breve. Oggi, durante una sessione di drive through, siamo in grado di eseguire fino a 400 tamponi. Abbiamo imparato a lavorare in sintonia e velocemente, nonostante un ‘vestiario’ ingombrante: la visiera che si appanna, le mascherine che camuffano un le voci, il rumore dei motori delle auto. Una cosa che in questi due anni di lavoro mi ha colpito è che al drive si nota ancora di più l’alternarsi delle stagioni. Le prime giornate di sole di primavera che scaldano le nostre tute bianche, i primi caldi soffocati, in cui non vedi l’ora di toglierti tutto e bere, poi torna l’autunno che fa volare via le foglie e i primi geli dell’inverno. Quest’anno abbiamo vissuto anche una giornata di neve, che ha reso tutto quasi surreale. É senza dubbio un lavoro faticoso, ma credo che la passione per questa professione, ti faccia fare sempre un passo avanti e mai uno indietro”.
Lorenza Bani continua a raccontare la propria esperienza: “In quei pochi minuti, dal momento in cui si abbassa il finestrino dell’auto, fino al termine dell’esame, c’è tutta l’esperienza maturata, la professionalità e l’orgoglio di sanitari. Nelle nostre giornate abbiamo incontrato l’Italia che aveva paura ed era incerta, come quella che invece della tessera sanitaria, ti mostra il libretto di circolazione, o quella dei bambini coraggiosi, che arrivano accompagnati da bambole ed orsetti, o quella dei più timorosi che alla fine ti regalano un disegno. Non ci siamo tirati mai indietro, sia che fossero persone felici perché non avevano sintomi, sia che fossero in ansia perchè febbricitanti. Il nostro ruolo è sempre andato oltre il semplice gesto tecnico o sanitario. In questi anni mi è capitato varie volte di consolare chi piangeva per la perdita per covid di un familiare, di aiutare chi aveva perso la dentiera dentro l’auto, ma anche di fare forza alle mamme che si presentavano con un neonato. Abbiamo coccolato i cani di chi non si era fidato a lasciarli a casa e sostenuto chi ci ha raccontato di aver perso il lavoro o la propria attività.”
Manila Casucci è un OSS del distretto di San Giovanni Valdarno, impegnata spesso nel drive through di Montalto. “La mia esperienza sul territorio inizia a maggio 2021, fino ad allora lavoravo presso l’ospedale del Valdarno nel reparto di medicina interna. Ho incontrato tante persone contagiate e non. Certo si sono stati anche momenti duri e persone irrispettose e scortesi ma la stragrande maggioranza è stata quella di cittadini che in noi hanno trovato delle risposte, un conforto e ci hanno regalato anche un sorriso senza farci sentire solo dei meri esecutori di tamponi.”