Ivano Ferri ha deciso di non rinnovare l’adesione al Pd non condividendone più le scelte, Enzo Brogi, invece, dopo riflessione ha scelto di appoggiare alla segreteria del partito Matteo Renzi, “con tutti i suoi difetti e i suoi limiti”
Due ex sindaci di Cavriglia, due strade che prendono percorsi politici diversi. Da una parte Ivano Ferri che annuncia di lasciare il Pd non condividendone più le scelte, dall'altra Enzo Brogi che dopo riflessione ha scelto, invece, di appoggiare Matteo Renzi per la segreteria del partito. Entrambi rendono note le proprie posizioni sul profilo facebook.
Ivano Ferri: "Ho deciso ormai da qualche settimana di non rinnovare la mia adesione al PD e di conseguenza non partecipare al congresso e alle primarie. È stata una scelta moto sofferta ma necessaria, da molto tempo ormai non condividevo quasi nessuna delle scelte importanti del partito. Dalle leggi sul lavoro e sulla scuola, fino alla riforma istituzionale alla quale ho votato no al referendum, passando alla riforma elettorale approvata in parlamento con i voti di fiducia, poi bocciata è trasformata da esageratamente maggioritaria a proporzionale dalla corte costituzionale".
"Se a queste aggiungiamo la lontananza da tutte le associazioni storiche della sinistra e una non gestione del partito affidato quasi esclusivamente nelle mani dalla rete renziana, si capisce bene che io ero ormai diventato un corpo estraneo al PD. Proverò comunque a portare avanti le mie idee fuori dal partito democratico perché la passione per la politica rimane intatta e per le proprie idee si combatte. Saluto i tanti amici e compagni che rimangono nel PD con la speranza di cambiarlo per i quali restano immutate stima e affetto".
Enzo Brogi. Prima "La scissione, dolorosa e la stima a Enrico Rossi". "Ho atteso qualche giorno per elaborare la dolorosa frattura, che non ho nè compreso nè condivisa. Sento la partenza di Enrico Rossi che stimo e con il quale, se vorrà, continuerò a collaborare nella sua qualità di Presidente della Regione, sui temi dei diritti alla persona. Ho anche incontrato tanti compagni che apprezzo e con i quali mi sono confrontato a lungo".
Poi "Il sostegno a Matteo Renzi". "Tutto questo per dire che non ho deciso a cuor leggero. Trovo nei ragionamenti di Matteo e Andrea molte cose buone, condivisibili. Ma poiché penso che dopo il Congresso saremo arricchiti e maggiormente plurali e uniti dal nostro confronto, posso decidere con serenità. Sosterrò Matteo Renzi per la modernità e dinamicità del suo operare, principalmente nel Governo, per il suo progetto riformista. C’è ancora molto da fare, ed in particolare sulle prospettive da offrire alle nuove generazioni, sui temi del lavoro (non consegnarlo alla mano libera del profitto del mercato, ma liberandolo dalle esagerazioni del garantismo non più sostenibile), sulle riforme e la sburocratizzazione del Paese e dei suoi costi, compreso quelli della politica".
Un sostegno quello di Brogi che non risparmia però critiche. "Matteo Renzi, pur con tutti i suoi difetti ed alcuni limiti, ha avviato un programma di riforme e di cambiamento di cui il nostro Paese ha enormemente urgenza. Ma non è un appoggio acritico il mio, continuerò a stimolarlo, soprattutto sui temi di cui mi occupo e sulle cose che ritengo aiutino anche la nostra caratterizzazione laica e progressista. Continuerò ad insistere sul testamento biologico e fine vita, voglio un forte impegno contro il vizio (non gioco) d’azzardo e “gratta e perdi”, sulla legalizzazione della cannabis, le galere, la sessualità per i disabili".
"Ma in questo momento è in gioco il futuro del PD, al bivio tra dissolversi e ritornare alle conventicole correntizie, sconfessando quell'approccio riformista e pluralista che ne ha ispirato la fondazione. Penso che Renzi, con un contributo programmatico offerto anche da chi (come me) è più a sinistra di lui su molti temi può rappresentare, meglio di altre proposte politicamente più identitarie, il compimento del Partito Democratico che abbiamo voluto. Ora deve progredire, ascoltando di più, essendo più inclusivo e incalzare il partito al superamento delle reciproche appartenenze che erano alla base della sua fondazione. Un partito aperto e plurale, al di la dei percorsi individuali di ognuno di noi. Tutti dobbiamo sentirci a casa propria, nessuno ospite, magari anche sgradito, non è più il momento dell’autosufficenza. Il PD deve ripartire per compiere finalmente il suo cammino, avviato dalle intuizioni e dal pensiero di Walter Veltroni al Lingotto".