A parlare Salvatore Calleri, presidente della Fondazione Antonino Caponnetto, che in merito agli incendi alla Valentino e alla Lem auspica, “nel pieno rispetto dell’autorit giudiziaria, che si indaghi a 360 gradi con una attenzione pure al fenomeno mafioso”
Parla apertamente di fenomeno mafioso, la Fondazione Antonino Caponnetto, inserendola tra le ipotesi da non scartare nelle indagini che riguardano i due incendi ad altrettanti stabilimenti industriali di Levane, la Valentino e la Lem, avvenuti a una settimana di distanza l'uno dall'altro. In una nota, commentando l'accaduto, la Fondazione chiede di approfondire anche questa ipotesi, ed esorta a "non aver paura di nominare la mafia in Valdarno".
"La Fondazione Antonino Caponnetto – si legge – esprime la propria preoccupazione per gli incendi avvenuti in provincia di Arezzo a Bucine ed auspica, nel pieno rispetto dell'autorità giudiziaria che si indaghi a 360 gradi con una attenzione pure al fenomeno mafioso. La provincia di Arezzo è sempre stata monitorata con attenzione dalla Fondazione Caponnetto e pure dal giudice quando era in vita. Non si abbia paura di nominare la mafia in un territorio in cui è ben presente e dove con il Covid si sta arricchendo sempre di più", dichiara Salvatore Calleri, presidente della Fondazione Antonino Caponnetto.
Nella nota, la Fondazione inserisce anche un focus sulle presenze della criminalità organizzata nella provincia di Arezzo, su dati del Semestrale Dia 2020. "In particolare in Val di Chiana e Valdarno, si concentrano gli interessi di soggetti legati alla camorra napoletana. Tale presenza, nel semestre in esame [1° 2020, il 2° deve ancora uscire], è confermata da un provvedimento ablativo disposto dal GIP di Napoli nei confronti dell’imprenditore campano che, tra Firenze e Arezzo, aveva creato una vera e propria holding criminale con lo scopo di riciclare i proventi illeciti provenienti dal clan Mallardo.
Alcuni provvedimenti interdittivi disposti dal Prefetto di Arezzo hanno, peraltro, evidenziato rischi di infiltrazione mafiosa anche da parte della ‘ndrangheta, in particolare per due aziende operanti nella ristorazione, rispettivamente riconducibili alla famiglia Bagalà (del clan Piromalli) di Gioia Tauro e alla cosca Labate di Reggio Calabria. Le misure seguono quella emessa nel 2018 (confermata da una pronuncia del Tar) nei confronti di una società operante nel settore dei servizi, tenuto conto dei legami affaristici e personali tra il nucleo familiare cui l’azienda è riconducibile ed elementi di una cosca calabrese.
Per quanto riguarda i traffici degli stupefacenti è risultata di rilievo l’operazione eseguita il 6 marzo 2020 ad Arezzo dai Carabinieri, nei confronti di soggetti appartenenti a due gruppi criminali uno albanese e uno romeno, i quali operavano anche in altre località (Firenze, Perugia, Brescia, Trento e Verbania) dove sono state effettuate perquisizioni".
Sul fronte delle indagini, per i due incendi sono aperti due diversi fascicoli: uno per incendio doloso riguarda il rogo della Lem, nella quale, come era emerso fin dall'inizio, sono stati individuati precisi elementi che ricondurrebbero al dolo, prima di tutto una porta sfondata sul retro; per la Valentino si procede invece al momento per incendio colposo, visto che ad oggi le indagini non hanno individuato elementi di prova che possano condurre sulla pista del dolo.