21, Dicembre, 2024

I comitati no-Multiutility contro una delibera di AIT. L’affondo a Montevarchi: “Ha cambiato posizione”

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Nel mirino delle associazioni schierate contro l’operazione Multiutility finisce una delibera dell’Autorità Idrica Toscana che, spiegano, sarebbe “lacunosa” nel motivare la scelta della Holding finanziaria. E l’attacco in Valdarno è rivolto in particolare al comune di Montevarchi, colpevole secondo i comitati di aver cambiato posizione con una “giravolta inaspettata”. La nota è firmata da una serie di associazioni tra cui, dal territorio valdarnese, il Comitato Acqua Bene Comune Valdarno Superiore; l’Associazione ‘I Bercio – Loro Ciuffenna; e Terra Libera Tutti – Reggello.

“Il 31.12.2024 – si legge – scadrà la concessione che disciplina l’affidamento della gestione del servizio idrico a Publiacqua nel territorio del Medio Valdarno. Il 24 luglio scorso si è riunita l’Assemblea dell’Autorità Idrica Toscana (AIT) per deliberare in merito: 38 dei 39 comuni presenti hanno deciso che il modello di gestione più adeguato per il nuovo affidamento, a partire dal 1° gennaio 2025, è quello della società a partecipazione mista pubblico/privato. Il riferimento alla Multiutility quale socio pubblico della nuova società affidatario del servizio, è esplicito, anche se noi abbiamo molti dubbi sul fatto che possa essere considerato un soggetto pubblico secondo la normativa di vigore vigente”.

“Questa scelta – argomentano le associazioni – consegna la gestione del servizio idrico ai sindaci dei comuni di Firenze e Prato: detenendo il 55,9% delle azioni della holding finanziaria pubblica (che controlla la Multiutility) questi due soli sindaci potranno decidere le nomine nei consigli di amministrazione della HoldCo. Le nomine, unitamente ai dividendi, sembrano essere l’unica cosa che interessa: stupisce il fatto che i rappresentanti degli altri comuni presenti nelle assemblee approvino tutto, spesso senza nemmeno avere cognizione di quello che approvano”.

“Del Valdarno fanno parte dell’Assemblea Generale dell’Autorità Idrica i comuni di Figline e Incisa (in rappresentanza dei comuni di Reggello e Rignano) e Montevarchi (in rappresentanza dei comuni di Castelfranco Piandiscò, Cavriglia, Loro Ciuffenna, San Giovanni e Terranuova). Sul voto favorevole della sindaca di Figline Incisa non avevamo alcun dubbio, si è sempre schierata come suddita a fianco dei sindaci Nardella e Biffoni, mentre siamo sconcertati dalla giravolta della Sindaca Chiassai. L’amministrazione di Montevarchi si è dichiarata fin dall’inizio contraria all’operazione Multiutilty, tanto da chiedere addirittura il recesso, adesso in AIT rinnega la posizione tenuta fino ad ora; su questo voltafaccia non sarà per caso influenzato dalla scelta del presidente di Estra Macrì favorevole alla Multiutility? Inoltre il comune di Montevarchi si è consultato con i comuni di Cavriglia, Loro Ciuffenna e San Giovanni, contrari al controllo della Multiutility in Publiacqua?”.

In merito alla delibera, le associazioni parlano di “provvedimento a dir poco lacunoso” e puntualizzano su cinque aspetti in particolare: “Il provvedimento afferma, in modo surreale, che “la presenza degli enti locali all’interno della società conentirà di assicurare un pregnante controllo pubblico”, e che “risulta prioritario garantire un forte controllo pubblico nella gestione del servizio idrico integrato (…) anche all’interno della compagine azionaria del futuro gestore“. In realtà è già evidente il contrario: i rappresentanti dei Comuni non hanno alcun ruolo, men che meno dominante, per il semplice motivo che non sono soci della compagine azionaria del nuovo gestore. I Comuni sono soci della HoldCo, la holding finanziaria pubblica, che a sua volta è socia della Multiutility che, a sua volta, è socia del gestore del servizio idrico. Tra il Comune ed il servizio ci sono tre società con tre consigli d’amministrazione: il Comune potrà partecipare all’assemblea solo della prima, dominata da Firenze e Prato, e non potrà esprimersi sui singoli atti di gestione”.

“Come si fa, inoltre, ad affermare che “la modalità di gestione della società mista garantisce la tutela della concorrenza“? La concorrenza non si tutela e nemmeno si garantisce: un’affermazione come quella riportata significa solo che il concetto è oscuro sia a chi ha scritto la delibera, sia a chi l’ha approvata. Trattandosi di un meccanismo naturale che si produce nel mercato, la concorrenza non può infatti realizzarsi in un’attività svolta in regime di monopolio naturale come nel caso del servizio idrico: nessuna modalità di gestione potrà creare le condizioni perché la concorrenza si manifesti, poiché il gestore sarà e sempre rimarrà uno solo. Mentre la concorrenza dovrebbe tutelare il consumatore, il monopolio tutela il gestore, che gode anche della garanzia offerta dal Metodo Tariffario predisposto da ARERA e applicato dall’A.I.T.”.

Punto terzo, “Non si capiscono nemmeno le ragioni che portano a richiamare i vincoli dell’ordinamento europeo, dimenticando sempre di citare il fondamento di tutta la normativa europea, ossia il Trattato per il Funzionamento dell’Unione Europea (TFUE), che all’art. 106 definisce il campo di applicazione delle regole del mercato e della concorrenza. Se richiamassero correttamente l’art. 106 del TFUE, la gestione del servizio non potrebbe essere diversa dalla gestione in house providing, che non è un affidamento ma una gestione diretta. Ma ai sindaci nostrani le gestioni in house providing non piacciono: forse perché dovrebbero farsi carico della soddisfazione dei bisogni dei propri cittadini, o perché sarebbe più problematico gestire le clientele legate alle nomine degli amministratori; o forse ancora perché antepongono l’incasso dei dividendi ai bisogni delle rispettive comunità”.

“Nella delibera inoltre si arriva a dire che con la gestione mista “l’interesse pubblico potrà essere perseguito senza incorrere nei vincoli e nelle limitazioni di ordine giuridico, amministrativo e tecnico-organizzativo gravanti sulla società e sugli stessi enti locali che caratterizzano la forma di gestione tramite società interamente pubblica operante in regime di in house providing”. Quali siano questi vincoli però non lo si dice, e per un’ottima ragione: perché questi vincoli non esistono. Le società di gestione in house providing sono società di diritto privato, soggette alle regole del Codice civile. Gli unici vincoli sono quelli previsti dal Dlgs. 175/2016 (il Testo Unico sulle Società Pubbliche), vale a dire il limite al numero degli amministratori ed all’ammontare dei loro compensi. L’unica vera ‘limitazione’, questa sì, effettivamente non gradita ai Sindaci dei Comuni maggiori, è che in una società con gestione in house providing la partecipazione di tutti i Comuni consentirebbe anche a quelli con partecipazioni azionarie ridotte di intervenire per tutelare i propri cittadini”.

Infine, “nella delibera si precisa che “in via propedeutica all’individuazione del nuovo gestore occorre procedere alla scelta della modalità di gestione del servizio pubblico secondo i dettami del recente D.lgs. 201/2022“. Ebbene, al comma 3 del D.lgs. è scritto che “è assicurata la centralità del cittadino e dell’utente, anche favorendo forme di partecipazione attiva”. Tuttavia, dopo averlo enunciato, questo principio è stato completamente ignorato: forse l’assemblea AIT ritiene che per ottemperare ad una legge sia sufficiente citarla?”.

“Per tutte queste ragioni – concludono le associazioni – è necessario ed opportuno assumere iniziative finalizzate a richiedere l’annullamento della delibera e la sua sostituzione con un provvedimento che salvaguardi la partecipazione attiva e renda possibile una consultazione pubblica reale – diversa da quella farsesca messa in atto al momento dell’approvazione delle delibere comunali relative alla costituzione della Multiutility.

Glenda Venturini
Glenda Venturini
Capo redattore

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