Continua la nostra inchiesta dedicata al tema della gestione dei rifiuti, in vista dell’esaurimento della discarica terranuovese di Podere Rota. Sarà l’Ato Toscana Sud a dover redigere il proprio Piano, e il 2019 è l’anno decisivo: ne abbiamo parlato con il presidente Alessandro Ghinelli, che non esclude l’ipotesi di ampliare le discariche esistenti, e spiega qual è il quadro e quali le prospettive possibili
Il 2019 sarà l'anno decisivo per capire come sarà gestito il ciclo dei rifiuti nel prossimo futuro: l'Ato Toscana Sud sarà probabilmente la prima a redigere il suo Piano di Ambito, così come ha chiesto la Regione a ciascuno dei tre Ambiti. Cosa succederà a Podere Rota? Dove finiranno i rifiuti in futuro? Lo abbiamo chiesto ad Alessandro Ghinelli, sindaco di Arezzo e presidente dell'Assembela di Ato. Che fissa un punto fermo: nuove discariche non ci saranno. Dunque, l'ipotesi di possibili ampliamenti di quelle esistenti è sul tavolo.
Ghinelli, possiamo già prevedere dove andranno i rifiuti nei prossimi anni?
"Noi siamo nel quadro dell'inizio della redazione del Piano di Ambito: è prematuro dare quindi una risposta precisa. La questione va analizzata tenendo conto di tutte le componenti in gioco: prima di tutto, bisogna ricordare che la Regione Toscana ha fatto un passo indietro demandato ai tre Ato il compito di redigere ciascuno il proprio Piano di Ambito". Non ci sarà, infatti, un Piano regionale sui rifiuti: ciascuno dei tre Ambiti (Toscana Centro, Sud e Costa) sarà chiamato a redigere il proprio.
Quale direzione prenderà il Piano di Ato Sud, di cui fa parte anche il Valdarno aretino?
"Noi saremo i primi probabilmente a partire, stiamo cominciando a lavorare sulla redazione del Piano di Ambito, e dobbiamo tenere conto della Direttiva Europea che stabilisce, in sostanza, che discariche nuove non se ne dovranno fare più: lo smaltimento è destinato infatti ad essere soddisfatto in via progressivamente prioritaria, attraverso prima di tutto la riduzione del prodotto, quindi con la raccolta differenziata; poi, la parte smaltire deve entrare in un ciclo produttivo e non finire direttamente in discarica; quindi la termovalorizzazione, il riuso, recupero e riciclo sono prioritari. Questa è la Direttiva alla quale ci dovremo attenere nella redazione del Piano di Ambito".
Siamo dunque al capitolo discariche: cosa succederà?
"Stabilito, come abbiamo detto, che non si faranno discariche nuove, può essere che le discariche esistenti vengano ampliate. Può essere, non lo so: dipende da quale sarà l'assetto finale del sistema rifiuti di Ato Sud, tenuto conto che noi comunque ci dobbiamo accollare ogni anno anche le 100mila tonnellate di Ato Centro, che ancora non è autosufficiente: anche per il futuro saranno probabilmente intorno a quelle quantità, poco più o poco meno".
Dove andranno allora questi rifiuti, precisamente?
"Non posso dirlo oggi con certezza, bisogna fare i conti anche della vita residua delle altre discariche toscane, non solo di Podere Rota. Possiamo prevedere, comunque, che sia plausibile uno schema in cui in ogni territorio provinciale (Ato Sud, lo ricordiamo, raggruppa Arezzo Siena e Grosseto, ndr) ci saranno un termovalorizzatore e una discarica: anche perché una discarica è comunque indispensabile per l'allocazione finale di rifiuti speciali, fanghi e polveri dei termovalorizzatori. Poi, che sia Podere Rota a rallentare l'accoglimento dei rifiuti fiorentini 'allungandosi' così la vita, per consentire di portare qui i residui dei termovalorizzatori; o che si portino le ceneri a Civitella Paganico o altrove, questo ancora è da stabilire, non posso dirlo oggi".
Discorso diverso riguarda invece la frazione dell'umido, per cui un progetto è già delineato.
"Per quanto riguarda l'organico, stiamo facendo una implementazione, per cui abbiamo già richiesto la verifica di compatibilità ambientale, per la realizzazione di una linea di compostaggio più potente di quella attuale a San Zeno, con abbinato un biodigestore, che potrebbe lavorare intorno alle 60mila tonnellate di organico all'anno".
Quanto tempo ancora può darsi Ato prima di prendere decisioni precise sulla gestione dei rifiuti?
"Poco, perché gli impianti nuovi hanno tempi di realizzazione che sono di minimo 3 o 4 anni. Discorso diverso per gli ampliamenti, che possono essere considerati strumenti con un ciclo produttivo di circa 1 anno e mezzo: quindi se decido oggi, l'ampliamento potrebbe essere pronto fra 1 anno e mezzo circa. Tempi compatibili con il quadro presente. Il 2019 sarà comunque un anno decisivo, penso che a giugno avremo già una bozza pronta del Piano di Ambito".
Quale peso avranno i sindaci nella decisione finale del Piano di Ambito?
"I sindaci avranno tutto il peso nelle mani, perché è evidente che il Piano viene elaborato in fase tecnica nelle stanze di Ato, ma è anche vero che deve poi passare dal Consiglio Direttivo e poi dall'Assemblea dei sindaci appunto. Se l'Assemblea non si convince della correttezza del Piano e lo respinge, finiamo in una fase di stallo".
La Regione potrà influire in maniera sostanziale nella redazione del Piano?
"Dal momento che la Regione ha demandato agli Ato il compito di scrivere i Piani, non mi aspetto che pongano dei paletti rigidi o non superabili".
Presidente Ghinelli, in chiusura: quale sarebbe, a suo avviso, il quadro ideale di smaltimento dei rifiuti da qui ai prossimi 4 o 5 anni?
"Io, personalmente, punterei su una differenziata spinta fatta bene, e di qualità: il grosso problema di oggi è infatti una differenziata fatta male, che riporta alla fine la gran parte dei rifiuti in discarica o all'inceneritore. Se si facesse bene, si potrebbe innescare un sistema virtuoso di riciclo e di riuso, che permetterebbe di far diventare la raccolta differenziata una risorsa invece di un costo. Tolta quella parte di differenziata, che però alla luce della situazione attuale si può stimare da qui a 4 anni si attesterà intorno al 65%, rimarrebbe un 35% circa da smaltire: a mio avviso questo deve essere destinato prevalentemente a termovalorizzazione, e le discariche così diventerebbero il punto finale di approdo delle ceneri di incenerimento, dei fanghi di lavorazione dell'umido, e per gli speciali, di fatto con volumi molto minori di quelli che accolgono oggi".