Il comitato tecnico scientifico internazionale sta facendo il punto della situazione sulla messa in sicurezza dell’Arno, a mezzo secolo dall’alluvione che devastò Firenze ed il Valdarno. E boccia gli interventi complessivi: “Firenze è ancora in pericolo. Troppi ritardi per le casse di espansione”. Punta il dito su dati e analisi ormai datate.
Nonostante i programmi, i lavori finora effettuati e le dichiarazioni di intenti, l’Arno fa ancora paura e rappresenta un pericolo. Lo scrive nero su bianco il comitato tecnico scientifico internazionale che sta studiando la sicurezza del principale fiume toscano, in vista del 50° anniversario dell’alluvione di Firenze.
Gli esperti internazionali sono stati anche a Figline nei mesi scorsi per monitorare i lavori delle casse di espansione. E nel loro report puntano il dito sui ritardi, ma anche su interventi mal coordinati e sulla mancanza di un piano complessivo sia a monte che a valle di Firenze. Insomma una sonora bocciatura, a pochi mesi dalla ricorrenza.
E l’incipit non lascia spazio a interpretazioni: “L’ITSC (Technical Scientific Committee) desidera ribadire, all’inizio di questo rapporto, che, così come aveva messo in evidenza nelle sue conclusioni al termine del meeting del 2014, Firenze rimane ad elevato rischio di alluvione e che questo rischio cresce ogni giorno. Il problema non è se un’alluvione di pari entità o superiore a quella del 1966 colpirà ancora la città di Firenze, ma quando ciò accadrà. Il livello di protezione attuale non assicura una riduzione del rischio di inondazione a livelli commisurati al valore di una città quale Firenze, permanendo una forte esposizione che risulta inaccettabile, sia per il rischio di perdite di vite umane sia per il valore dei tesori d’arte che la città ospita”. Rimane da capire quali effetti una nuova esondazione potrà avere sul Valdarno. Di questo gli esperti non fanno menzione.
Parlano però approfonditamente del nostro territorio per i lavori che dovrebbero mettere in sicurezza il capoluogo.
L’Itsc spiega che “la pianura a valle delle dighe di Levane e La Penna, che veniva naturalmente inondata in occasione dalle piene, non risulta più disponibile a questo scopo essendo ora protetta da argini. Ciò implica che la portata di picco nel basso Valdarno e nella piana Fiorentina (Firenze inclusa) potrebbe ora risultare decisamente maggiore di quella dell’evento del 1966 a parità di altre condizioni; questo aspetto non emerge in modo chiaro dal Piano Rischio Idraulico”.
E non sono rassicuranti gli interventi previsti che “risultano inadeguati”, perché molto spesso basati su analisi e dati molto vecchie: “L’ultimo documento reso disponibile all’ITSC è il Piano di Gestione del Rischio Alluvioni (PGRA) formulato nel 2015. (…)Interventi che dapprima risultavano ad alta priorità per la mitigazione del rischio, risultano ora a priorità moderata: esempi sono la rimozione dei depositi di sedimenti dagli invasi di Levane e La Penna, le modifiche allo scarico di fondo della diga di La Penna, alcune casse di espansione e il serbatoio di Castello di Montalto nel bacino del fiume Ambra, alcune casse di espansione nel Casentino e sugli affluenti dell’Arno. E, inoltre, nuovi interventi, quali ‘aree di espansione naturali’ o ‘infrastrutture a verde’ nel Casentino, alto Valdarno e sulla Sieve, sono inclusi senza alcuna valutazione del loro impatto sulla mitigazione del rischio.
“L’ITSC -prosegue la relazione – vede con favore i progressi fatti dalla Regione Toscana nell’implementazione del progetto delle casse di espansione nell’area di Figline. Ciò nonostante, ITSC osserva che questi progressi sono stati soggetti a forti ritardi a seguito di ostacoli burocratici legati alla necessità di approvazione da parte di molteplici Enti. Emerge un chiaro bisogno di uno sforzo, da intraprendere a livello nazionale, per riesaminare le procedure legate alla realizzazione di questi interventi nell’ottica di semplificare le procedure stesse, così da ridurre i tempi di approvazione e di realizzazione”.
Inoltre “ritiene che il proposto intervento di innalzamento della quota di sfioro della diga di Levane darà luogo ad un aumento del volume di invaso che appare alquanto necessario e che la realizzazione di questo intervento debba essere accelerata. Le risorse messe a disposizione dal Governo Italiano permetteranno di far progredire questo intento”. Sempre secondo l’ITSC l’attivazione delle casse di espansione sull’Arno e sugli afffluenti richiederà una gestione esperta e coordinata delle operazioni in casi di piena.
Infine La Penna: “Il progetto di innalzamento della quota di sfioro della diga di La Penna, per dare luogo ad un aumento del suo volume di invaso, deve essere riconsiderato, per valutare adeguatamente la possibilità di coniugare l’impiego di questi invasi per laminazione delle piene e per scopi idroelettrici. L’ITSC è a conoscenza delle preoccupazioni espresse dalle comunità locali a riguardo dell’implementazione di tale progetto, ma ritiene che esse debbano essere riconsiderate alla luce degli enormi danni che potrebbero essere indotti a valle in assenza di interventi a monte, fra i quali quello dell’innalzamento della diga di La Penna”.
Per questo il Comitato internazionale chiede al governo un piano nazionale per la messa in sicurezza dell’Arno. A 50 anni dall’alluvione, il lavoro da fare è ancora immane.