28, Novembre, 2024

Viaggio nell’arte con Chiara Cappelli. Dalla genesi della sua passione allo spettacolo ‘Helen e Anne’

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Chiara Cappelli è una delle personalità più complete e innovative nel panorama artistico contemporaneo, un’attrice, regista e autrice che ha saputo coniugare le sue inclinazioni teatrali con una forte passione per la sperimentazione e l’innovazione tecnologica. Valdarnese nata a Siena, Chiara ha deciso fin da giovanissima di dedicarsi all’arte performativa, partendo da un percorso di studi che l’ha vista formarsi in alcune delle più rinomate scuole di teatro e cinema italiane.

Foto di Rossano Dalla Barba

La sua carriera, che ha preso forma nei primi anni 2000, si distingue per la capacità di spaziare tra il teatro di ricerca, la danza contemporanea, il cinema e le installazioni artistiche. Questo approccio multidisciplinare non è solo un segno distintivo della sua arte, ma anche il riflesso della sua visione dell’arte come strumento di cambiamento e riflessione sociale.

Quando hai iniziato a lavorare nel mondo del teatro?

“Ho iniziato molto giovane, a 17 anni, collaborando con mio fratello, che al tempo era già un attore professionista. Facevamo spettacoli nella nostra zona, e quelle esperienze mi hanno fatto capire che volevo intraprendere una carriera professionale nel teatro.“

Una volta finite le superiori, come hai proseguito? Hai frequentato un’accademia o hai portato avanti la tua carriera tra uno spettacolo e l’altro?

“Inizialmente, ho proseguito di spettacolo in spettacolo. Non è stato semplice perché la mia famiglia era contraria: i miei genitori vedevano il teatro come un hobby e mi spingevano verso un “lavoro vero”. Mio fratello, poi, stava abbandonando la carriera teatrale, quindi era ancora più difficile far accettare la mia scelta. Ho quindi deciso di frequentare l’università, studiando Lingue, per accontentare la famiglia, ma in parallelo ho cominciato a frequentare l’Accademia Nazionale del Cinema a Bologna. Mi sono laureata, ma avevo già capito che il teatro sarebbe stato il mio futuro. “

Una volta completato il suo percorso accademico, come ha sviluppato la sua carriera?

“Dopo essermi diplomata all’Accademia Nazionale del Cinema, ho frequentato il LaboratorioNove  di Sesto Fiorentino e poi la scuola di recitazione Giulio Scarpati a Roma. Parallelamente, ho lavorato come freelancer, collaborando con diverse realtà artistiche. Ho sperimentato tanto, dal canto alla danza, passando per il teatro e l’audiovisivo. “

Tra tutte queste esperienze, qual è quella che le ha lasciato di più?

“Una delle esperienze più significative è stata uno spettacolo che univa parola e musica, una sorta di teatro-canzone senza canzoni: il progetto Majakovskij, portato in scena insieme al musicista e compositore Arlo Bigazzi. A livello tecnico è stato molto impegnativo, ma anche estremamente stimolante. Inoltre, ho avuto l’opportunità di tradurre personalmente alcune poesie dal russo per lo spettacolo. È stato un lavoro che mi ha coinvolto completamente, mettendo in gioco tutto il mio bagaglio culturale. “

Il suo approccio al lavoro è sempre stato ispirato da una profonda curiosità per la sperimentazione e la ricerca, tanto che ha iniziato ad esplorare non solo il teatro tradizionale, ma anche il mondo delle installazioni video, del multimedia e della danza contemporanea. Sono sempre stata affascinata dall’interazione tra corpo, voce e tecnologia. Credo che oggi l’artista debba affrontare una costante sfida, quella di spingersi oltre la mera rappresentazione, cercando nuovi modi per entrare in relazione con il pubblico”, ha dichiarato Chiara. Questa convinzione è stata alla base del suo approccio al lavoro, dove la sperimentazione e l’innovazione sono diventati motori fondamentali della sua arte. D’altronde, il teatro, il cinema e la danza sono per Chiara linguaggi che non si limitano a trasmettere messaggi, ma devono immergere lo spettatore in un’esperienza che coinvolga tutti i sensi e stimoli la riflessione critica.

Chiara ha messo in scena numerosi spettacoli che riflettono su temi sociali e politici, come il ruolo della donna, le disuguaglianze e la giustizia sociale, attraverso una narrazione che non si limita al mero racconto, ma si propone come un’esperienza sensoriale, emotiva e interattiva.

Le sue performance sono state presentate in numerosi teatri e festival internazionali, suscitando grande interesse per l’originalità e la forza evocativa delle sue creazioni. “Ogni spettacolo è per me una nuova occasione di mettermi in gioco, di esplorare nuove dimensioni dell’essere umano, sia attraverso il corpo che attraverso la parola”, afferma Chiara. Il corpo è, infatti, uno degli strumenti principali nelle sue performance, che spingono gli attori e le attrici a una totale immersione fisica ed emotiva. Nei suoi lavori, infatti, è sempre presente una riflessione sull’attualità e sulle problematiche sociali, che vengono affrontate attraverso una narrazione poetica ma al contempo incisiva, che cerca di smuovere le coscienze degli spettatori.

Chiara Cappelli è, infine, una figura che rappresenta un esempio di costante evoluzione, in un’epoca in cui l’arte sta cambiando e si sta adattando alle nuove realtà tecnologiche e sociali. Il suo lavoro, che fonde passione, sperimentazione e impegno sociale, è un faro per tutti coloro che credono nell’arte come strumento di cambiamento e crescita.

Attualmente, state portando in giro un progetto importante su Helen Keller. Ci racconti di più.

“Sì, lo spettacolo si chiama Helen e Anne e nasce da un’idea del regista Mirko Angelo Castaldo. Io e Mirko ci siamo conosciuti al LaboratorioNove e da allora abbiamo lavorato spesso insieme. Lo spettacolo racconta la straordinaria vita di Helen Keller, scrittrice e attivista sordocieca americana. In Italia è poco conosciuta, ma negli Stati Uniti è una figura iconica. “

Qual è il cuore dello spettacolo?

“Si concentra sul rapporto tra Helen e Anne Sullivan, l’insegnante che ha trasformato la sua vita. Helen, da bambina, non poteva né vedere né sentire ed era trattata come un animaletto, priva di stimoli e possibilità di comunicare. Anne, con grande tenacia, le insegna l’alfabeto manuale, aprendo per lei le porte della comunicazione e del mondo. È una storia di riscatto e di potere trasformativo dell’educazione. 

Come hai contribuito a costruire lo spettacolo?

“Abbiamo studiato a fondo la biografia di Helen Keller, The Story of My Life, e abbiamo integrato altri suoi scritti, spesso non tradotti in italiano. Mi ha colpito la sua determinazione e il suo impegno sociale: non si è mai limitata a difendere solo i diritti delle persone sordocieche, ma si è battuta per tutte le minoranze, dagli operai alle donne. È stato toccante scoprire come Helen descrivesse il processo di apprendimento e la gioia di riuscire finalmente a comunicare. Mi ha colpito la scena in cui per la prima volta riconosce il significato della parola “acqua,” un momento simbolico che rappresenta la sua rinascita. È una figura straordinaria che merita di essere conosciuta di più anche nel nostro paese.

Con Helen e Anne, Chiara Cappelli e Ilda Fusco portano in scena una storia universale di trasformazione e speranza, con l’obiettivo di far riscoprire al pubblico italiano una figura straordinaria come Helen Keller. Un viaggio che unisce emozione, riflessione e impegno sociale. Lo spettacolo non è solo un racconto della vita di Helen Keller, ma una riflessione sul potere dell’arte come mezzo per abbattere le barriere tra le persone. La performance invita a riflettere su come la disabilità non sia una condizione da subire, ma una possibilità di esplorare nuove forme di comunicazione, di essere e di vivere. “Helen Keller ci insegna che la disabilità non è un limite alla crescita umana. Ci fa vedere che la percezione del mondo può essere molteplice e che ogni persona, indipendentemente dalle sue condizioni, ha una voce potente che merita di essere ascoltata”, commenta Chiara, che nel corso dello spettacolo porta il pubblico a interrogarsi su come si può includere ogni individuo, anche quelli che sembrano marginalizzati.

In uno dei passaggi più toccanti dello spettacolo, un monologo interpretato dall’attrice porta in scena le riflessioni di Keller sul senso della vita, sulla sua battaglia per la conoscenza e sulla sua visione del mondo. “Nonostante tutte le sue difficoltà, Keller ha trovato il modo di essere un faro di speranza per tante persone. Le sue parole sono universali, parlano di lotta, di speranza, di sogni che sembrano impossibili, ma che grazie alla perseveranza e alla passione possono diventare realtà”, racconta Chiara.

Lo spettacolo sta ottenendo un grande successo, non solo per la sua profondità emotiva, ma anche per la sua capacità di sensibilizzare il pubblico riguardo alle tematiche della disabilità e dell’inclusività. Chiara Cappelli, grazie alla sua visione artistica e alla sua sensibilità, ha creato una performance che non solo rende omaggio a una figura storica, ma invita anche il pubblico a riflettere su come affrontiamo le diversità nella società contemporanea.

Lo spettacolo teatrale che ha già incantato il pubblico alla Biblioteca di Sesto Fiorentino arriva ora a Cavriglia. Questa produzione, nata anche con l’obiettivo di avvicinare il teatro a tutti, mette al centro l’accessibilità, integrando la Lingua dei Segni Italiana (LIS) direttamente nella narrazione. La “prova del nove” è stata superata a Firenze, dove il pubblico, composto principalmente da persone sorde, ha risposto con entusiasmo.

Appuntamento a Cavriglia. Il prossimo appuntamento con questo spettacolo sarà venerdì 29 novembre a Cavriglia. Un’occasione da non perdere per assistere a un esempio concreto di come l’arte possa diventare strumento di inclusione e partecipazione.

In conclusione abbiamo chiesto a Chiara dei suoi prossimi progetti.“Oltre a portare in scena questo spettacolo, sto lavorando a uno spettacolo di teatro per ragazzi, una mia idea che svilupperemo sempre con lo stesso regista. È un mondo che mi affascina e che vorrei esplorare ulteriormente.”

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