Venerdì 18 aprile, a partire dalle 21.15, il centro storico del paese sarà attraversato da uno dei momenti più intensi e partecipati della Settimana Santa: la Processione di Gesù Morto. Un rito antico che coinvolge decine di volontari, fonde musica, scenografia e spiritualità, e che riesce ogni volta a parlare al presente con forza rinnovata. Non è solo una tradizione che si ripete: è un’esperienza collettiva, un racconto che si fa cammino, una comunità che si ritrova. E dopo sette anni di attesa, l’emozione è ancora più grande.
Dopo sette anni di attesa, la Processione di Gesù Morto torna a percorrere le vie storiche del paese. Un evento religioso e culturale che, ogni volta, riesce a rinnovarsi pur mantenendo intatta la propria identità. Riccardo Vannelli, direttore artistico dell’evento, ha voluto ancora una volta dare nuova vita alla messa in scena, rinnovandone la regia, l’impostazione scenografica e l’accompagnamento musicale.
“Sette anni fa, quando mi fu affidata l’organizzazione, sentii la necessità di rinnovarla da un punto di vista artistico e sonoro, racconta Arlo Bigazzi, musicista e compositore. L’idea era quella di accompagnare ogni quadro della processione con una musica specifica, diffusa in tutto il paese. Per questo ho coinvolto Stefano Saletti e abbiamo creato un percorso musicale che unisse suoni della tradizione mediterranea, canti gregoriani, melodie mongole, fino ad arrivare a suoni contemporanei, sintetizzatori inclusi. Perché il Vangelo, per me, è un testo inclusivo: un messaggio universale che non appartiene solo a una cultura, ma parla a tutti.”
E così, tra le pietre delle strade e il silenzio della sera, le note si fondono con i passi lenti dei figuranti. La città respira la sacralità dell’evento ben prima del suo inizio. “A Terranuova, l’attesa della processione comincia molto prima”, afferma Simone Nocentini, terranuovese che vedremo per la seconda volta nel ruolo di Gesù: ”Si percepisce nell’aria, è qualcosa che ci appartiene. Io sono terranovese e sono orgoglioso che questa tradizione torni a essere vissuta. È un’emozione grande, non c’è tensione, solo la voglia di regalare qualcosa di bello a chi ci sarà.”
Il percorso ricalca quello storico, toccando le vie più simboliche del centro: via Concini, via Fazia, viale Piave, via Roma. I palchi scenici saranno in Piazza della Repubblica, Piazza Canevaro, Piazza Liberazione e al Convento, fino a giungere al Golgota in via delle Ville, come sette anni fa. Nonostante i lavori in corso, Piazza Canevaro sarà straordinariamente riaperta per l’occasione. “È quasi pronta, mancano solo alcuni dettagli”, spiega Vannelli. “Domani sera sarà svelata al pubblico per la prima volta.”
L’unico timore resta quello del meteo, ma lo staff non prevede alternative. “Non abbiamo un piano B, ma confidiamo che il tempo tenga”, afferma con decisione Vannelli. “Abbiamo lavorato tanto, siamo circa un centinaio di persone coinvolte. Solo nel reparto regia siamo in cinque, più Arlo che è musicista ma ormai anche regista! Un grazie sincero va a tutti, ai volontari, al Comune e ai suoi dipendenti che hanno dato una mano fondamentale per rendere possibile questo evento.”
Ma oltre l’aspetto organizzativo e artistico, la Processione di Gesù Morto resta un rito collettivo che unisce. Una tradizione che affonda le sue radici nel passato — le prime testimonianze documentate risalgono al 1797 — ma che continua a parlare al presente. Un momento di condivisione che coinvolge credenti e non credenti, adulti e bambini, in un’esperienza che va oltre la fede e diventa gesto comunitario, racconto vissuto e trasmesso.
Le Sacre Rappresentazioni, nate nel Medioevo come forma di catechesi popolare, hanno mantenuto nei secoli una forza narrativa che ancora oggi trasfigura chi vi partecipa. Chi indossa un costume, chi interpreta un apostolo o lo stesso Cristo, lo fa in maniera immeritata ma autentica, perché l’amore gratuito e divino è proprio questo: si dona senza chiedere nulla in cambio. Ogni edizione è anche un’occasione per stringere legami, costruire ricordi, coinvolgere nuove generazioni. I più giovani, con il loro entusiasmo, portano freschezza e passione. E in questo modo la processione diventa ponte tra passato, presente e futuro.