Don Luigi Verdi fondatore e il responsabile della Fraternità di Romena ha fatto visita al Valdarno, sua terra d’origine, in occasione delle celebrazione della memoria degli eccidi del 1944. In questa circostanza ha tenuto un discorso sui temi della libertà, della resistenza e dei giovani e ci ha raccontato come sono nate la sua fede e la Fraternità di Romena.
Nasce a San Giovanni Valdarno in una famiglia molto naturale e semplice, lontana dalla Chiesa. Come si è avvicinato alla fede? Don Luigi Verdi:”Non avevo mai considerato l’idea di diventare prete. Tuttavia, tutto è cambiato quando ho iniziato a frequentare un oratorio per giocare a pallacanestro. È lì che ho incontrato un prete particolare, uno che non parlava troppo di Dio, ma che invece enfatizzava i valori umani fondamentali. Sono stato molto attratto da lui e ho iniziato a conversare spesso con lui. Progressivamente, mi sono appassionato alla Bibbia e alla storia di Dio con l’umanità.”
Continua Verdi:”Ho iniziato a pensare e a leggere per conto mio. C’è stato un momento in cui ho fatto una connessione tra il messaggio della Bibbia, il messaggio di Gesù, e la mia esperienza di vita con gli operai e mio padre, che era contadino. Ho sentito che tutto si legava insieme. È stato in quel momento che ho deciso spontaneamente di diventare prete. È una cosa che non so spiegare appieno.”
Nel 1991, dopo un periodo di crisi personale e spirituale, ha chiesto al vescovo di Fiesole di poter realizzare a Romena un’innovativa esperienza di incontro e di accoglienza. Don Luigi Verdi spiega:” Nei primi sette anni da prete, ho affrontato molte sfide e ho fatto molte cose. Tuttavia, a un certo punto, qualcosa è cambiato. Ho iniziato a confondermi con i miei sentimenti, la mia umanità è esplosa senza ordine. È stato un momento in cui ho dovuto fare i conti con me stesso. Mi sono recato dal vescovo e gli ho chiesto un anno di tempo.Dopo questo periodo di riflessione, sono tornato dal vescovo e gli ho comunicato che sarei tornato a fare il prete. Tuttavia, volevo servire in una pieve diroccata e aiutare coloro che stavano attraversando una crisi, poiché avevo intuito qualcosa di importante durante l’anno trascorso.”
Durante l’anno di riflessione, Don Luigi scava a fondo nella sua persona e si concentra sulla sua timidezza, i suoi occhi impauriti e le sue mani. Spiega:”Sono sempre stato una persona timida e impressionabile. Ho sempre trattenuto il dolore dentro di me, ed è stata una fatica enorme vivere con quel dolore. Tuttavia, ho deciso che non avrei permesso alle mie mani tagliate e agli occhi impauriti di diventare un motivo di vergogna. Ho trovato un salmo che mi ha ispirato: “La pietra scartata è diventata pietra angolare”. Ho iniziato a guardare le persone negli occhi, nonostante avessi paura e tremassi. Questo gesto mi ha aiutato a superare la paura e a trovare forza nell’accettazione di me stesso.”
Gli occhi di Don Luigi Verdi sono diventati gli occhi della Fraternità di Romena, sempre meno timidi ma soprattutto pronti ad accogliere. La Fraternità accoglie singoli o coppie che chiedono di vivere qualche giorno in condivisione offrendo lavoro, preghiera, momenti di silenzio in semplicità e creatività. Romena è un luogo fuori dal tempo che accoglie anche dal Valdarno moltissime persone.
Conclude Don Luigi Verdi:”Ascolto molte persone e comprendo che non posso risolvere tutti i loro problemi. Quello che cerco di fare è incoraggiarle ad ascoltarsi, a sollevarsi e a guardare dentro di sé. Spesso, la soluzione è già dentro di loro. Non siamo una carovana di disperati in questo mondo. Penso che sia importante non rinunciare all’amore e non nascondere le proprie paure e fragilità. La debolezza può diventare una forza, come dice Gesù. Cerco di trasformare ciò che è andato male nella mia vita in qualcosa di utile.”
Durante le celebrazioni degli eccidi nazifascisti a Cavriglia Don Luigi Verdi ha tenuto un discorso davvero toccante. Due focus importanti sono quello sulla parola resistenza:”La politica e la Chiesa stanno usando il termine resilienza ultimamente. A me non piace: preferisco il termine resistenza. Resilienza vuol dire rimbalzare, prendere la forma, accomodare un po’ le cose. La resistenza dipende da quello che ami: se ami qualcuno resisti, altrimenti no. Io seguo molto le mamme con bambini paraplegici, bloccati in casa e mi chiedo come facciano. Resistono perchè amano quel bambino più di loro. Non si resiste per un’idea, si resiste se ami qualcosa o qualcuno più di te.”
Conclude parolando dei giovani:”Seguendo i giovani ho visto che vanno di moda tre cose: gli attacchi di panico, la noia e ultimamente la violenza. Negli attacchi di panico ti manca l’aria. I nostri giovani non sono così persi, non sono così cattivi ma gli abbiamo tolto l’aria. Manca l’aria quando si ha paura e oggi c’è paura di tutto: del vuoto, dell’infinito, del sentirsi zero, paura di non avere un progetto; ma soprattutto manca l’aria quando non ti senti amato. Io quando mi sono sentito amato, mi sono buttato nel mare anche se non sapevo nuotare; ma quando non mi sentivo amato, non mi muovevo per niente. La noia vuol dire e viene quando non vedi un futuro. Per questi giovani il futuro è una minaccia. La speranza è il regno della possibilità e la disperazione è non vedere possibilità. Invece la violenza… non mi stupisco della violenza: è l’impasto di egoismo e paura e abbiamo educato i nostri giovani a pensare troppo a loro stessi e a stare sempre in allerta”.