Il 15 ottobre 1946 accade un fatto di cronaca del quale il Valdarno sembrava aver perso memoria: si tratta di un tragico incidente ferroviario avvenuto a Rimaggio, Laterina dove un Pullman diretto ad Ancona venne travolto da un treno. A riportare l’accaduto alla memoria collettiva è stato il lavoro di Fabio Zamponi: quattro anni di ricerche che hanno portato alla pubblicazione del libro “Il disastro ferroviario di Rimaggio” prossimamente presentato dal Consiglio Regionale Toscana.
La documentazione fornita da Zamponi riporta che – “Il fatto avvenne alle ore 13,50 circa del 15 ottobre 1946 quando il treno Rapido 24, proveniente da Roma e diretto a Firenze, giunto al passaggio a livello del km. 245+988, tra Ponticino e Laterina in località Rimaggio nel comune di Pergine Valdarno, investiva l’autocorriera Fiat 635/RN targata Ancona 10080, telaio n° 000081, motore n° 00189, di proprietà della ditta Guido Reni sempre del capoluogo marchigiano, una “635” in servizio pubblico sulla linea Firenze – Ancona e diretta proprio nella città adriatica.
Lo stesso autore contestualizza e spiega la dinamica dell’incidente:” Era l’immediato dopoguerra: i bombardamenti avevano messo fuori uso gli impianti di elettrificazione ferroviaria inclusi quelli di Rimaggio, dove in seguito – per i passaggi a livello – si impiegavano cavalletti di legno che venivano posti, parallelamente ai binari, uno per ogni lato della strada. Dunque il casellante avrebbe dovuto sistemare le capre di legno. Questo diventa il punto della storia più incerto: non si può dare una verità assoluta sul fatto che il casellante le abbia messe male o non le abbia messe. Uscendo dalla curva prima del passaggio a livello, il macchinista Onorino Pace scorse l’autocorriera e intuì che, sebbene viaggiasse ad una velocità moderata, non si sarebbe fermata al passaggio a livello. Il treno travolse la corriera causando un incidente che riportò 12 morti di cui 8 persone decedute sul colpo. L’unico passeggero dell’autobus rimasto incolume, fu una bambina di sette anni che ancora oggi ricorda i corpi disintegrati dall’incidente.”
Una serie di sfortunate coincidenze: rimettendo insieme documentazione e testimonianze, Zamponi afferma:” Gli orari del treno e del pullman non sono stati regolari quel 15 ottobre. Al pullman il giorno prima si ruppe una balestra, poi dovette aspettare un ultimo passeggero in ritardo prima di partire; inoltre il treno fu costretto a una sosta più lunga del dovuto a Ponticino: uno scontro che a prescindere non sarebbe dovuto avvenire. Il macchinista dirà di aver sognato la notte prima un incidente e di essere stato titubante alla partenza.”
L’incidente del ‘46 a Rimaggio è stata la più grave disgrazia ferroviaria avvenuta in Toscana fino alla tragedia di Viareggio del 29 giugno 2009 – eppure il fatto è rimasto nascosto per molti anni. Lo stesso Zamponi racconta di essersi imbattuto sull’argomento leggendo un libro sui più grandi incidenti ferroviari nel mondo fino al 1980. “A un certo punto, in un trafiletto leggo: Rimaggio, Laterina. Incredulo mi metto in contatto con l’autore. Quando ho avuto certezza che si trattasse proprio del nostro territorio, incuriosito, ho iniziato le ricerche. Inaspettatamente ho addiritttura scoperto che la strada dove avvenne l’incidente era stata fatta con i detriti della casa dei miei nonni che i tedeschi avevano fatto saltare in aria. Un viaggio lungo e faticoso che mi ha fatto incontrare persone che hanno dato contributi preziosi ad arricchire la memoria storica.”
Conclude:”Tra i più emozionanti cito la testimonianza di Tuttobello Anna Maria la bambina rimasta incolume dall’incidente. I ricordi col filtro di quello sguardo innocente mi hanno commosso.” Segue un estretto di questa testimonianza, dal libro di Zamponi:”Io ero seduta in fondo, dietro il bigliettaio, e in quel momento dormivo, mi ero appisolata, perché c’era il sedile tutto unito. Mia nonna era accanto a me e diceva il rosario perché lei era molto fedele, nei momenti in cui lo poteva fare pregava sempre. Io l’ho visto questo treno che arrivava perché la gente urlò, gridò, e allora io mi tirai su di scatto e la nonna mi disse: “No, stai giù, stai giù, dormi che non è niente!”. Ma io con tutte quelle grida mi impaurii e poi ci fu quella gran botta. Mi sentii trascinata dal treno e fummo trascinati fintanto che il treno non deragliò. Mia nonna rimase nella parte intera del pullman, perché il treno entrò dentro il pullman, mentre io credo che fui sbalzata fuori, non lo so ancora oggi mi rendo poco conto della dinamica. Però quel che posso dire è che io mi ritrovai in mezzo ai binari con un morto sopra le gambe. E io che gli dicevo a quest’uomo: “Scansati! Scansati! Alzati, alzati!” perché io mica lo sapevo che questo era morto.[…] Ma io intorno a me vidi delle scene orribili e strazianti, dei cadaveri che venivano buttati su delle camionette così, come fossero stati, che ne so, dei sacchi di patate, con i ventri aperti, squarciati. Vidi due gambe tagliate, da sole. Lungo i binari c’erano due gambe, con i piedi tranciati. […] Non dico che sia stato difficile per me convivere con questa esperienza alle spalle, ma il difficile per me nella vita è stato viaggiare perché ogni volta che io devo partire ho sempre davanti quelle immagini ed entro in uno stato di ansia. Viaggiare mi mette ansia, quello si. Poi una volta partita si va, non ci sono grandi problemi, però prima di partire i ricordi riaffiorano, questo lo devo ammettere, il sapere di dover fare un viaggio un po’ di malessere me lo provoca. E ti dirò che la mia repulsione è stata di più per quando dovevo salire in treno. Paradossalmente preferivo rimontare su un pullman che su un treno, io sul treno non ci volevo salire. “