L’intervista all’apprezzatissimo giornalista sportivo di Sky Sport, protagonista di uno spettacolo teatrale che ha riempito per due repliche consecutive il Teatro Garibaldi di Figline Valdarno, all’interno della Stagione Teatrale in corso.
Federico Buffa è conosciuto al grande pubblico per esser stato dapprima una delle voci di Sky Sport per il basket americano, in seguito per aver dato volto e parole a racconti sportivi capaci di ammaliare gli spettatori per capacità narrativa, riferimenti culturali e ritmo. Da circa due anni si è messo in gioco anche sui più importanti palchi teatrali nazionali con lo spettacolo “Le Olimpiadi del 1936”, scritto con Emilio Russo, Paolo Frusca e Jvan Sica e diretto da Caterina Spadaro: un successo di pubblico straordinario, replicato anche al Teatro Garibaldi di Figline Valdarno nell’ultimo fine settimana con due spettacoli in due giorni distinti.
Una rappresentazione che narra di un evento sportivo passato alla storia per essere stato crocevia tra un periodo storico caratterizzato dalle conseguenze della crisi del 1929 e la seguente Seconda Guerra Mondiale; una narrazione sportiva che porta con sé molteplici chiavi di lettura e di analisi anche rispetto alla realtà sociale e politica che stiamo vivendo, per similitudini ed influenze.
“Lo sport moderno per come lo conosciamo oggi, ha inizio a Berlino 1936. Doping di Stato, spettacolarizzazione dello sport, utilizzo dello sport stesso per fini politici: sono temi attualissimi ancora oggi, e sono di fatto tutti iniziati con quell’edizione olimpica. Berlino 1936 e Rio 2016 sono, nei contenuti, molto più vicine di quello che si possa pensare, solo che le Olimpiadi di Berlino sono state organizzate molto meglio” racconta Federico Buffa nell’incontro precedente alla messa in scena di Sabato 25 Febbraio.
“All’interno dello spettacolo convivo sul palco con due personaggi distinti: nella parte “teatrale” interpreto il protagonista secondo il copione della storia, ma nella parte “narrativa” (in cui fisicamente scendo verso il pubblico), il mio è il racconto di un uomo che sta vivendo la contemporaneità; questa parte è in continua evoluzione e quindi soggetta a modifiche in base alla partecipazione e alle reazioni che percepisco, nel pubblico presente. Considerando la quantità di temi effettivamente attuali, o i rimandi all’odierno a cui attingere, posso permettermi di aggiungere parti o riferimenti quotidiani alla narrazione dello spettacolo stesso. Ad esempio, parlando di una realtà a qualche decina di chilometri di distanza da qui, il Centro Tecnico di Coverciano dove si raduna la Nazionale Italiana: la sua costruzione fu voluta dal Presidente della Fiorentina Luigi Ridolfi, che era il capo delegazione italiana a Berlino ’36, e che fece costruire Coverciano esattamente come il Villaggio Olimpico in cui soggiornavano al tempo gli atleti azzurri. I rimandi all’attuale, non solo da un punto di vista socio politico, sono tantissimi.
Per l’Italia quella fu la miglior olimpiade di sempre a livello di risultati, arrivando quarta nel medagliere. Ogni vincitore di una medaglia d’oro aveva in regalo da parte del regime Tedesco ospitante una piccola quercia (uno dei simboli di Odino ai quali i tedeschi davano un’importanza simbolica, guardando al loro paganesimo originale): ho quindi ricevuto varie fotografie da tutta Italia da i nipoti di chi effettivamente quelle medaglie l’aveva vinte. I Tedeschi nella loro follia organizzativa avevano calcolato che la quercia sarebbe sopravvissuta all’uomo, e che quindi il segno di questa olimpiade sarebbe stato simbolicamente duraturo, anche più di quanto le azioni di quel periodo storico e degli eventi di quella competizione sportiva siano vivide nelle letture sociopolitiche dell’odierno”.
La fortissima componente narrativa che ne ha caratterizzato la carriera professionale di Buffa, ha decisamente rappresentato un ritorno del racconto legato allo sport, che si è un po’ perso nella spettacolarizzazione mediatica dell’evento sportivo in sé:
“Il racconto sportivo inteso come narrazione quasi letterale, è sempre esistito da un punto di vista giornalistico. A partire dagli anni ’90 però l’immagine ha preso il sopravvento divenendo predominante, riducendo quel gusto anche culturale nel raccontare la storia sportiva. Oggi, con quella che potremmo definire “la dittatura del presente” , l’unica cosa che interessa è quella che sta accadendo, e che sette giorni dopo è già storia: del resto viviamo l’epoca in cui una partita di calcio può essere guardata ovunque attraverso un piccolo Smartphone, qualcosa che pochi anni fa potevamo valutare come pura fantascienza. Un tempo il giornalista sportivo si occupava talvolta sia di analisi che di narrazione, adesso le due cose vengono percepite come due specializzazioni differenti: tutto dipende dal pubblico e dall’interesse (attraverso la partecipazione) nel farsi raccontare di sport, per far sì che il racconto sportivo possa tornare ad essere maggiormente praticato o frequentato anche a lato dell’analisi nei mass media”.
All’interno dei palinsesti di Sky Sport e contemporaneamente alla sua attività recente sui palchi italiani, Buffa ha proseguito raccontando storie sportive come quella del Grande Torino, come la vita di campioni divenute icone culturali come Muhammad Alì o Michael Jordan:
“Uno sportivo contemporaneo di cui potrei parlare è indubbiamente Michael Phelps: lo vedo come uno dei più grandi atleti di tutti i tempi; in lui vive quella componente “maledetta” che lo rende unico. Non è un cittadino irreprensibile, è “rinato” sei o sette volte, se lo mettiamo in acqua in una piscina è il più forte nuotatore di tutti i tempi , e lo ha dimostrato in un numero di Olimpiadi dove, considerando le medaglie conquistate nel numero delle competizioni di cui ha preso parte, è stato umanamente inspiegabile. In Italia allo stesso livello abbiamo probabilmente Valentina Vezzali, che personalmente non ho mai conosciuto: è stata competitiva in quattro Olimpiadi, nessun’altro atleta italiano è stato competitivo a quel livello in un arco di tempo così vasto. Me l’hanno raccontata come una donna con un’ossessione competitiva che le brucia dentro, componente comune e decisiva per tutti i più grandi atleti nella storia dello sport”.
Guardando alla risposta del pubblico, Buffa non può far altro che pensare alla prossima produzione teatrale che lo vedrà protagonista, stavolta provando ad uscire dalla categorizzazione sportiva, in termini di racconto:
“L’obiettivo a questo punto è che il prossimo spettacolo sia totalmente denudato della componente sportiva, e possibilmente costruito per favorire una maggiore partecipazione con un pubblico giovane. “Le Olimpiadi del 1936” che doveva inizialmente durare appena tre repliche, ne farà probabilmente almeno centoventisei e raggiungerà circa settantamila spettatori totali: di questi diciamo che il quaranta percento sono giovani italiani sotto i trenta anni di età, che a teatro non vanno abitualmente. Se questo tipo di pubblico si è fatto raccontare una storia di ottanta anni fa da me, con tanta attenzione e coinvolgimento, allora sento il dovere di provare a fare un qualcosa dove siano maggiormente coinvolti. Quindi, narrare un tema di oggi dove sia data la possibilità al pubblico di interagire, attraverso quel teatro comunicativo contemporaneo caratterizzato dall’interazione tra gli spettatori e chi sta sul palco. Credo sia giunto il momento di fare qualcosa dove i ventenni entrino letteralmente e fisicamente in scena. Ad esempio una storia molto interessante che potremmo sviluppare è quella che sta dietro il famoso “stay hungry, stay foolish” pronunciato da Steve Jobs nell’ormai famosissimo suo discorso di "legacy nei confronti dell’umanità", poco prima di morire. Quella frase, come lui ha ammesso, non era produzione del suo intelletto, ma del cervello di un qualcun altro che tra l’altro è ancora vivo e abita all'interno di una barca a Sausalito, in California. Ecco, sarebbe bello raccontare la storia di questo semplice “qualcun altro”, una storia che attraversa diversi decenni di cultura americana, sulla quale abbiamo raccolto tantissimo materiale con l’idea di produrne uno speciale con Sky che non si è mai realizzato”.