28, Aprile, 2025

Clothest: quando alta moda e solidarietà si uniscono in un innovativo modo di aiutare il prossimo

Articoli correlati

In Vetrina

Più lette

In Vetrina

Sembra paradossale pensare che acquistando un capo griffato un giorno forse potreste avere l’opportunità di salvare la vita a una persona, ma questo è un effetto farfalla che i volontari di Clothest sembra siano riusciti a trasformare in realtà. Nata dai volontari Caritas della chiesa del Giglio di Montevarchi, Clothest è una piattaforma di e-commerce i cui ricavati vanno tutti a sostenere la Casa famiglia Maria Elisabetta.

Clothest è un’associazione di promozione sociale che si occupa di raccogliere capi usati di abbigliamento o accessori e di rivenderli nel proprio sito e-commerce – racconta Letizia Baldetti, vice presidente di Clothest. – Gli abiti sono di brand di fascia medio-alta, viene escluso tutto quello che può essere derivante dall’industria del fast-fashion o da brand di bassa fascia. Una volta che i capi sono raccolti, vengono registrati e inseriti nel nostro sito online. L’intero ricavato della vendita va a sostenere le attività della casa famiglia Caritas della parrocchia del Giglio.”

In questo momento la casa ospita per la maggior parte uomini italiani del Valdarno, con età media sui 50 anni, che per vari motivi si sono ritrovati a fronteggiare le avversità della vita da soli, senza che nessuno li aiutasse a uscire dalla condizione d’indigenza.

L’idea di Clothest nasce qui, tra queste stanze della Caritas, dove analizzando gli abiti che ci venivano portati dalle persone per la distribuzione ai più poveri ci siamo resi conto che c’erano delle cose che non erano idonee a essere utilizzate da persone che magari finiscono a dormire in stazione, come una giacca di kashmir. Abbiamo pensato a come poter fare per usufruire al meglio del dono che ci veniva fatto, per aiutare le persone in difficoltà. Ci è venuto in mente che era molto più utile provare a venderle per dare l’intero ricavato per aiutare gli stessi poveri. Grazie al passaparola fra i volontari, la gente ha cominciato a guardare all’interno dei propri armadi, alla ricerca delle cose belle, ma inutilizzate.”

Al momento, Clothest conta più di 2.000 capi in magazzino, un bel traguardo rispetto ai soli venti con cui l’associazione aveva cominciato circa sei anni fa, quando ancora era un piccolo magazzino chiamato “Francesco the S-hope” in onore di Papa Francesco, ai cui ideali l’associazione tiene fortemente. Tre anni dopo, venne attivata la piattaforma online e “Francesco the S-hope” venne rinominato “Clothest”, un nome più accattivante per una piattaforma di e-commerce. Da allora, il sito ha venduto molti capi di abbigliamento in tutto il mondo, con l’acquisto più recente effettuato da New York, aiutando molte persone sfortunate a sopravvivere e a rimettersi in piedi.

La storia del primo acquisto, di circa 1.000 euro, merita una particolare citazione: è la storia di Barbara, una signora di Como, al tempo in cura per un tumore, ma che ad oggi ha purtroppo perso l battaglia contro la sua devastante malattia.

La nostra prima cliente è stata legata al nostro progetto fino all’ultimo. La sua famiglia ha fatto un gesto meraviglioso, ha raccolto le sue ricette di cucina, visto che era un’ottima cuoca, e ci ha scritto un libro, dedicando al progetto Clothest due pagine, un grandissimo onore per noi, ci ha molto emozionato e ci ha fatto pensare che la solidarietà è una macchina che una volta messa in moto va oltre ogni aspettativa e ogni traguardo.”

Clothest è la dimostrazione che anche la solidarietà può veramente partire dalle vie più inaspettate. Forse sarà stata anche una sorpresa per don Mauro Frasi, l’attuale presidente di Clothest:

“Non l’ho scelto come progetto di vita, ma i poveri mi hanno bussato alla porta e bisognava non mandarli via, bisognava aggiungere un posto a tavola e un letto pulito. Quest’idea innovativa l’ho incontrata, l’ho abbracciata, mi piace, ne sono appassionato. Mi da una grande soddisfazione che si occupano di persone in condizione di fragilità anche belle persone, bei giovani, che hanno un lavoro e non si accontentano solo di averlo, ma si preoccupano di chi sta passando tempi difficili, con competenza, passione e con tanto rispetto e tenerezza. Il nostro aiuto ai poveri è tutto gratuito, non vogliamo aiuti pubblici: l’aiuto che diamo al povero lo sosteniamo con le nostre forze e la provvidenza. Il progetto Clothest ci ha dato una bella spinta di dignità culturale e di volontariato.”

Link del sito: https://www.clothest.it/

Articoli correlati