E’ stato un vero e proprio evento per tutta la comunità terranuovese che per questo ha voluto partecipare numerosa. Dopo sei anni di lavoro, impegno, iniziative è stato inaugurato il restauro del gruppo rinascimentale in terracotta policroma, raffigurante la Madonna con Bambino tra i Santi Nicola di Bari e Pietro, della chiesa di San Niccolò a Ganghereto a Terranuova. L’opera, risalente al periodo che va dalla fine del ‘400 ad inizio ‘500, e attribuita ad Agnolo di Polo, plasticatore del Rinascimento fiorentino formatosi alla scuola del Verrocchio e collaboratore di Giovanni della Robbia, è tornata al suo antico splendore nella nicchia dietro l’altare maggiore della chiesa.
Prima del restauro e dopo il restauro
Tanti i plausi e i riconoscimenti tributati a Paola Francioni, presidente dell’Associazione Pro Artibus che, con il progetto Salviamo Ganghereto, ha creduto fin dal primo momento nel restauro, si è impegnata per ottenerlo e adesso finalmente ha raggiunto l’obiettivo prefissato sei anni fa. Paola Francioni non ha nascosto l’emozione nel restituire alla comunità il gruppo in terracotta policroma finemente rinato a nuovo splendore.
I lavori sono iniziati nel 2017 grazie all’impegno dell’Opificio delle pietre dure di Firenze, della Soprintendenza competente, del Comune di Terranuova, della Fondazione Cassa di Risparmio di Firenze e di privati. Nel 2019 è stato presentato il restauro della statua di San Pietro; poi i lavori si sono interrotti a marzo del 2020 a causa dell’emergenza pandemica e si sono potuti riprendere solo a luglio del 2021.
Emanuela Daffra, Soprintendente ad Interim dell’Opificio delle Pietre Dure di Firenze. “L’opificio lavora magari su capolavori notissimi però applica non solo le stesse cure ma anche la stessa metodologia e gli accorgimenti tecnici più all’avanguardia per questo tipo di opere che molto spesso sono difficilissime da restaurare”.
Prima dell’inaugurazione in una sala del consiglio gremita di persone è stato ripercorso dagli addetti ai lavori tutto l’iter che ha condotto al restauro. Erano presenti il Parroco, don Enrico Gilardoni; per la SABAP per le province di Siena, Grosseto e Arezzo, il dirigente Gabriele Nannetti e il funzionario di zona Jane Donnini; per l’Opificio delle Pietre Dure di Firenze, Emanuela Daffra (Soprintendente ad Interim), Laura Speranza (direttrice del Settore restauro materiali ceramici, plastici e vitrei), Andrea Cagnini (direttore Diagnostica non invasiva del Laboratorio scientifico dell’OPD), Chiara Fornari (funzionario restauratore); per il CFSE di Arezzo, il direttore Andrea Bigazzi; per il Comune di Terranuova Bracciolini, il Sindaco Sergio Chienni e l’assessore alla Cultura Caterina Barbuti; per l’associazione Pro Artibus, la presidente Paola Francioni.
Laura Speranza, direttrice del settore restauro materiali ceramici, plastici e vitrei dell’Opificio delle Pietre Dure di Firenze ha spiegato le fasi del procedimento. “E’ stato un lavoro molto complesso perchè non ha riguardato solo il gruppo in terracotta policroma ma in pratica tutta la chiesa”.
“L’intervento di restauro è iniziato con il delicato smontaggio delle sculture dalla parete, a seguito del quale è stato possibile procedere con lo stacco, per mano di Fabrizio Bandini, dell’intonaco dipinto. Successivamente, il muro retrostante in mattoni pieni, irrimediabilmente danneggiato dall’umidità, è stato demolito dall’esterno della chiesa e ricostruito in pietra con la tecnica del “cuci-scuci”. La nuova parete è ventilata, perché dal lato interno della chiesa è stata costruita una muratura in mattoni, lasciando un’intercapedine con il paramento lapideo. Le operazioni sono state eseguite dagli studenti della francese Scuola Edile di Poix Terron delle Ardenne coordinati dai tecnici della Scuola Edile di Arezzo”.
“La pittura murale seicentesca è stata restaurata da Philip Kron Morelli e da lui montata su un pannello indeformabile di materiale inerte (resina, fibre di vetro e struttura interna alveolare in alluminio), fissato alla nuova parete in mattoni per mezzo di lunghi tasselli. Questo pannello, insieme alla parete ventilata, isola completamente sia la pittura murale che il gruppo in terracotta policroma dall’eventuale umidità trasmessa dalle murature. Grazie al restauro, oggi è possibile apprezzare dettagli finora nascosti, come la casa in riva al corso d’acqua a sinistra della figura di San Nicola (porzione eseguita “a buon fresco”), oppure le stelle sullo sfondo (pittura murale). Della parte alta dell’intonaco originale non è rimasto più nulla, ed è stata quindi integrata con un colore monocromo che riprende i toni verdi delle porzioni adiacenti”.
“Le sculture, spostate nella chiesa dopo il 1583, sono state liberate dalle ricostruzioni in malta e dalle numerose ridipinture, portando alla luce i colori originali grazie al paziente lavoro di Stefania Bracci e Francesca Rossi. Le figure di San Nicola e di San Pietro sono divise ciascuna in tre pezzi di cottura, oggi sottolineati dall’inserimento di giunti sagomati che migliorano la stabilità reciproca tre i pezzi. Anche la Madonna con Bambino è foggiata in tre pezzi: la parte inferiore della Vergine infatti è separata dal busto, mentre le mani sono attaccate alla figura del Bambino, fissato sulle gambe della Madonna tramite un perno in fibra di vetro e resina che va a sostituire un lungo ferro arrugginito. Sul retro delle sculture sono stati realizzati dei diaframmi orizzontali in pasta epossidica, sui quali sono state fissate le staffe che ancorano i pezzi ceramici al pannello retrostante. Ulteriori viti, inserite dal fronte sulle ricostruzioni in pasta epossidica, assicurano le porzioni superiori delle tre sculture al pannello di supporto. Questo sistema di montaggio è stato progettato e realizzato dal funzionario restauratore dell’Opificio delle Pietre Dure Chiara Fornari. Indispensabile è stato il supporto tecnico e logistico ai lavori di restauro offerto in più fasi di cantiere da Giovanni e Michelangelo Rotella. Tutti i materiali impiegati per il restauro sono reversibili e le superfici ritrattabili, nel completo rispetto dell’integrità dell’opera”.
Stefania Braccia restauratrice. “E’ stato un lungo lavoro che ci ha accompagnato per diversi anni. Non avremmo immaginato che sarebbe durato così a lungo”.