Il recente caso del paziente marchigiano, a cui è stato attribuito il nome di fantasia Mario e che, completamente paralizzato a seguito di un incidente, ha ottenuto il parere positivo del Comitato Etico della sua azienda sanitaria per il suicidio assistito, ha riacceso i riflettori su un tema tanto scivoloso quanto non più ignorabile.
Già nel 2019, con sentenza n° 242, la Corte Costituzionale si era pronunciata, ma il legislatore non aveva provveduto a regolare, con legge ad hoc, una materia che, seppure apra grandi interrogativi sul fronte etico, necessita di attenzione e di norme, peraltro richieste anche con una raccolta firme per il ricorso allo strumento referendario.
Il Dott. Giuseppe Macrì, Direttore della Medicina legale e gestione della Responsabilità Sanitaria dell’Az. Usl Toscana Sud Est, ha illustrato il punto di vista del mondo medico sulla tematica.
“Il caso del paziente Mario ha fatto discutere, ma è stato anche utile – esordisce il Dott. Macrì – perché proprio in questi giorni la dodicesima commissione parlamentare della Camera ha deciso di terminare i lavoratori preparatori del disegno di legge, che si concluderanno il 9 dicembre.”
“Non si tratta di fine vita, ma di suicidio assistito. La differenza è che non si parla di qualcuno che vuole curare il proprio dolore con il suicidio, ma la norma dovrà eliminare la gravissima, violenta, disuguaglianza fra chi si può suicidare e chi non si può suicidare.”
“Come in tutta Italia, anche ad Arezzo la reazione dei medici è fortemente divisa e divisiva, perché su questi temi l’impostazione ideologica sulla stessa sacralità della vita, porta tutti i cittadini, compresi i medici, a posizioni diverse. Questo non è, però, un problema perché, a mio avviso, la questione del suicidio assistito non riguarda i medici, bensì le strutture sanitarie. La materia è strettamente simile a quella dell’aborto, ovvero procurare la morte ad inizio vita anziché a fine vita, una forte analogia quindi e la normativa, in modo assolutamente moderno per il tempo in cui si legiferò sull’aborto, risolse riconoscendo una clausola di salvaguardia per i soggetti che non volessero procurare la morte e così dovrà essere fatto anche in questo caso.”