05, Ottobre, 2025

Regionali: Alessandro Valboni, candidato per Toscana Rossa, si presenta. “Ecco il mio percorso e i temi che mi stanno a cuore”

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Tra i valdarnesi candidati nelle liste per l’elezione del Consiglio regionale c’è un altro valdarnese, Alessandro Valboni, ex docente all’Istituto Vasari di Figline. Valboni è nella lista ‘Toscana Rossa’, a sostegno della candidata alla presidenza Antonella Bundu, ed è candidato nel collegio di Firenze 2.

Alessandro Valboni si presenta e racconta i temi che gli stanno più a cuore nel suo percorso politico.

“Nonostante mi sia laureato in fisica, disciplina che richiede molto studio e dedizione, seguo le vicende della politica italiana e mondiale da quando ero studente di liceo. Ricordo le riunioni di allora, nell’ambito del così detto ‘Movimento’ e la partecipazione a tutte le attività collettive del periodo: dalle assemblee alle manifestazioni. Volevamo cambiare in senso progressista il nostro Paese, ma se confrontiamo tanti parametri di allora con quelli attuali, potrei con amarezza dire che allora c’era il socialismo ma non ce ne eravamo accorti! Qualche esempio? Nel ‘78 c’erano ben 36 fasce di reddito, ossia gli Italiani pagavano le tasse (l’unico meccanismo re-distributore di ricchezza che abbiamo) secondo il principio Costituzionale “più hai redditi alti e più paghi”, ossia più contribuisci al finanziamento di scuole, ospedali, strade e ferrovie… La sanità era davvero per tutti, e chi necessitava di cure trovava un sistema sanitario che, relativamente alle conoscenze ed alle strumentazioni del tempo, si occupava, al meglio, di tutti. Il lavoro era “il lavoro fisso”, con poche e comprensibili eccezioni ed i salari avevano un potere di acquisto che oggi si vede col binocolo. Mi par di ricordare che a metà degli anni ‘60, addirittura, i salari degli operai italiani erano fra i più alti rispetto ai salari operai di altri Paesi europei”.

“Certo, ne è passata d’acqua sotto i ponti ma quello che si vuol far credere oggi, ossia che sia impossibile riferirsi, se non che in modo nostalgico, ad un periodo del genere, è solo propaganda: le trasformazioni che hanno portato all’oggi sono state necessarie solo ed esclusivamente per garantire profitti crescenti ai ceti dominanti, ossia a coloro la cui ricchezza dipende dallo sfruttamento del lavoro altrui. In altri termini non è certo il dottore che ha consigliato a chi cerca lavoro di accettarlo solo se è “just in time”, ossia quando comoda a chi te lo eroga, o farlo solo se stagionale o a salario dimezzato o senza che si versino i contributi (oltretutto fuori legge). E, a differenza di allora, il capitalismo di oggi, veramente straccione, non reinveste parte dei profitti per garantirsi una remunerazione maggiore in futuro, cosa che ha comunque la ricaduta positiva di creare nuovo lavoro, ma prende la scorciatoia della finanza: perché rischiare in investimenti produttivi? Metto i miei guadagni in mano ad un fondo finanziario e moltiplico i miei denari. Finché dura. Così siamo arrivati all’oggi, dove 1 lavoratore su 2 paga le tasse (solo i dipendenti: una cosa che ci proietta nel più profondo del terzo mondo, da Repubblica delle Banane), dove la sanità pubblica è in via di smantellamento a favore di una privata (come se tutte le privatizzazioni attuate, dai rifiuti alle telecomunicazioni, dalla gestione dell’energia ai trasporti non abbiano dimostrato quanto siano state inutili se non dannose. Per i cittadini, s’intende! Non per i gestori ed i politici, spesso di centrosinistra, che gli hanno aperto le porte!). La scuola è sempre meno formativa e sempre più istruzione professionalizzante (tipo avviamento al lavoro, ma fatto male anche quello!), il problema della casa, per chi non la ha, è una montagna impossibile da scalare ed il potere d’acquisto dei nostri lavoratori è adatto per vivere bene in un paese tipo il Marocco dove quattro pomodori costano l’equivalente di 20 centesimi di euro”.

“Quindi torniamo al passato? Se con questa domanda/provocazione ci si riferisce ad un’Italia che abbia una politica estera autonoma, una rilevanza al tavolo delle Nazioni, nella quale i cittadini possano scegliere se studiare o lavorare ma in entrambe i casi sono aiutati a crescere ed a formarsi, nella quale chi è malato possa essere curato e chi vuol staccarsi dalla famiglia di provenienza possa avere una casa senza vendere il sangue, si, vogliamo questo. Utopia? No, scelta politica, come scelta è quella di Von der Leyen di spendere 800 miliardi di euro in armi, come quella di Meloni di comprare il gas agli americani ad un prezzo cinque volte quello del gas russo o di aderire al “Re-arm Europe” che ci costerà, solo quello, 7 miliardi l’anno. Gli italiani pagheranno queste scelte lungimiranti vedendosi tagliare ancora di più stato sociale, scuola, trasporti ed ambiente. Certo, non è un tornare al passato in senso “pratico”, è un tornare al passato in una concezione della vita che metta al centro l’Uomo e non il potere d’acquisto dello 0,01% della popolazione mondiale”.

“Ero partito dicendo dei miei studi: si, terminati i quali ho avuto brevi esperienze di lavoro all’università ed in USA, poi sono entrato nella scuola Italiana ed a Figline, al Vasari, ho insegnato per quasi 40 anni. Adesso sono in pensione (uno degli ultimi…?) e quindi mi dedico alla politica come momento di vita con la gente e per la gente. Per ciò ho accettato la candidatura che i compagni mi hanno offerto in Toscana Rossa. Nel passato ho già fatto esperienze formative, sono anche stato vice sindaco a Pelago (1995/1998) ed assessore a scuola e cultura. Adesso farò quello che posso affinché la nostra Toscana Rossa, data dai sondaggi in forte crescita, possa portare almeno la nostra brava Antonella Bundu in consiglio regionale”. 

Glenda Venturini
Glenda Venturini
Capo redattore
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