22, Novembre, 2024

Michael Sender, storia di un soldato sudafricano passato dal Valdarno: il figlio Brian ripercorre i luoghi delle sue memorie

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Michael Sender, prigioniero di guerra sudafricano durante la seconda guerra mondiale scrisse gli avvenimenti e le difficili circostanze che visse in Italia all’epoca delle ostilità. Oggi, il figlio Brian ha deciso di ritrovare e ripercorrere tutti quei luoghi citati da suo padre, tra cui l’ex campo di prigionia di Laterina

Una raccolta di memorie preziose e significative, quella di Michael Sender, soldato sudafricano tra le file degli alleati, che visse come prigioniero di guerra dal 1942 al 1944. Dopo molti anni, il figlio, Brian, ha deciso di ripercorrere quei luoghi che il padre ha descritto con forte realismo storico, e tra questi vi è anche l'ex campo di prigionia 82 di Laterina.

 

 

In occasione della visita in Valdarno, Brian ci ha concesso la lettura delle pagine che compongono il manoscritto del padre, chiedendo di essere accompagnato proprio a Laterina, in quei luoghi descritti nelle vicende del genitore, tra soldati nazifascisti, contadini e prigionieri di guerra come lui:

"Vissi in 4 diversi campi di prigionia in Italia. In uno di questi avevamo una radio clandestina da cui potevamo ascoltare le trasmissioni italiane e capire cosa stava accadendo all'esterno, anche se le sconfitte degli italiani e dei tedeschi erano intese come vittorie o ritiri strategici. Soffrivamo la fame e le condizioni di vita nei campi italiani non erano delle migliori, ma mai tragiche e spietate come nei territori colonizzati dall'Italia quali il campo di Bengasi dove rimasi per un mese.

Un giorno un prete cattolico entrò nel campo in cui soggiornavo al momento nel sud Italia. Andai da lui e gli chiesi se capisse l'inglese. Lo comprendeva. Gli chiesi se fosse possibile ottenere dei libri di grammatica che mi avrebbero aiutato ad imparare l'italiano. Mi disse che avrebbe fatto del suo meglio. Tenne fede alla sua parola e mi portò degli ottimi libri che lui stesso aveva comprato per insegnare ad un inglese la lingua italiana. Così, per tre mesi, studiai 18 ore al giorno imparando le varie declinazioni, nomi, aggettivi, verbi regolari ed irregolari, avverbi, sintassi ecc… Imparare l'italiano mi permise di candidarmi come volontario interprete per un campo di prigionia in Sardegna, dove le condizioni di vita erano migliori.

Dopo la mia permanenza in Sardegna ci portarono in Corsica, poi in una base navale a La Spezia e da lì ci mandarono nell'ultimo campo in cui soggiornai, ad 80 chilometri da Firenze, Laterina, un campo ben organizzato dove rimasi per circa 6 settimane finché l'Italia non dichiarò la resa. Durante questo lasso di tempo stavamo organizzando la fuga attraverso un tunnel che avevamo congegnato sotto il bungalow nel quale vivevo, era collegato alle latrine, ma non lo completammo mai poiché gli italiani si arresero prima che fosse completato.

Con la resa degli italiani alcuni di noi restarono nel campo, altri se ne andarono, io scelsi la prima opzione dato che le trasmissioni radio inglesi consigliarono di restare nei campi per non rischiare che i tedeschi ci sparassero come fuggitivi. Dopo poco, difatti, arrivarono i soldati nazisti che ci portarono via dal campo e fu mentre marciavamo tra le campagne toscane che fuggii. Rotolai da un cespuglio all'altro atterrando in un torrente, e giacqui lì, nell'acqua fangosa fin quando non fui certo che la colonna fosse passata.

Sebbene avessi già incontrato alcuni civili italiani non avevo idea di come avrebbero reagito vedendo un prigioniero di guerra ed io, come tutti i prigionieri, li odiavo per il trattamento che ci avevano riservato. La seconda notte, dunque, attraversai a nuoto il fiume Arno dove avevo notato un orto, trovai uva, piselli e pomodori che mi portai appresso nell'altra riva per nutrirmi. La mattina dopo una giovane ragazza mi incontrò, aveva un ampio sorriso ed era sorpresa che sapessi parlare l'italiano, mi offrì un piatto di maccheroni tiepidi che si era portata con sé, erano deliziosi. La ragazza mi diede ospitalità nella sua casa, a rischio suo e dei suoi parenti. Scoprii, dunque, che c'erano molte persone, tra gli italiani pronte ad aiutarsi l'un l'altro e pieni di altruismo."

 

 

Questi sono solo alcuni estratti della lunga testimonianza di Michael Sender: il figlio Brian ci ha raccontato di come le sue vicende continuino, passando anche per Montevarchi in un vicino monastero, e poi l'incontro con alcuni civili italiani e compagni, l'arrivo a Firenze e molto altro.

"Credo che questo racconto vada preservato e possibilmente pubblicato – ha detto Brian durante la visita a Laterina – oggi sono molto emozionato di poter riattraversare gli stessi posti che mio padre vide anni orsono, è un'esperienza indescrivibile". Ad accompagnarlo durante la giornata sono stati Alessandro Saragosa, giornalista, e l'assessore all'urbanistica, turismo e attività produttive di Laterina Pergine, Alberto Benini.

Benini ha inoltre rinnovato l'impegno e la determinazione del comune nel voler realizzare un museo nell'ex campo di prigionia 82: "Porteremo avanti il nostro progetto, sperando di trovare un accordo ed un finanziamento da parte della Regione. Abbiamo tante storie da raccontare e da ricordare, quella di Michael Sender, portataci dal figlio Brian, è l'ennesimo tassello che dimostra una forte preponderanza storica di questo luogo e che comporrà, in un possibile futuro, una delle tante preziose testimonianze della storia del nostro territorio."

 

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