Un romanzo ibrido che unisce il saggio e la narrativa per raccontare l’epoca d’oro della cultura rave e della free tekno. È il nuovo libro dell’autore montevarchino, un viaggio lungo 25 anni nella controcultura, nella musica, nel sogno di libertà radicale coltivato dall’ultimo grande movimento giovanile
Stigmatizzata dall'opinione pubblica, messa all'indice nella narrazione distorta che ne hanno reso i media, repressa – spesso con la forza – dagli stati sovrani di tutta Europa. Eppure la cultura rave, dei free party, della tekno, "è l'unico movimento genuino prodotto dagli anni '90 e 2000". O almeno a questa conclusione giunge una delle protagoniste di Muro di casse, il nuovo libro di Vanni Santoni di recente pubblicato da Laterza e in parte ambientato proprio in Valdarno.
Un'indagine ibrida, per metà romanzo e per metà saggio, Muro di casse offre un'analisi puntuale, documentaria, di quella stagione durata un quarto di secolo, dal 1989 a oggi, quando carovane nomadi si muovevano nell’Europa post-Schengen disegnando una geografia alternativa, lontana dalle metropoli e dai centri di potere. Lì, almeno per qualche giorno, era la terra delle feste libere: dal commercio, dal denaro, dalla politica, dal divismo delle star, dalle leggi.
I free party furono (la loro epoca d’oro si può ormai dire conclusa) un fenomeno di enorme e controversa complessità, richiamando forti implicazioni politiche, sociologiche, filosofiche, urbanistiche, giurisprudenziali, estetiche. In una parola, antropologiche.
Santoni scava quanto più a fondo si possa scavare, riuscendo in un’analisi che, prima di tutto, ha grande autorevolezza. La miglior replica alla sciatteria con cui si liquidava il movimento rave nel dibattito pubblico e alla dispersività della saggistica che invece ha provato a trattarlo con dignità.
E chi a un rave non ci è mai andato imparerà a conoscerne lo spirito e i personaggi grazie alla forza del romanzo sulla quale si innesta l’analisi saggistica. Muro di casse, insomma, racconta una storia. Anzi, tre storie di altrettanti reduci teknusi. Di questo e di altro ancora si è parlato nell’intervista all’autore montevarchino.