In sciopero i circa trecento lavoratori dell’Istituto De Anglei di Prulli. Da quasi tre anni la situazione non è cambiata, nonostante le ripetute proteste: “Manca una seria riorganizzazione del ciclo produttivo: è inutile chiedere ai lavoratori di rimanere più ore, se devono stare a guardare un macchinario fermo perché non funziona”
Sono scesi di nuovo in sciopero questa mattina, a un anno di distanza dall'ultima volta, i trecento lavoratori dell'Istituto De Angeli di Reggello, stabilimento di proprietà della multinazionale Fareva che produce medicinali. Qui il problema non è la mancanza di lavoro, anzi: gli ordinativi nell'ultimo anno, spiegano i sindacati, sarebbero anche in crescita. Ma per produrre di più serve una riorganizzazione seria del ciclo produttivo, investimenti nei macchinari: e invece l'azienda chiede turni più duri ai dipendenti.
"Una situazione assurda – commentano Massimo Bollini e Mirko Zacchei, di Filctem Cgil e Femca Cisl – alcuni lavoratori ci raccontano che a volte stanno ore a guardare un macchinario fermo perché non funziona. In queste situazioni, a che serve chiedere turni più stringenti, come sta facendo l'azienda? Da mesi andiamo avanti con la stessa richiesta: mettere in atto quella riorganizzazione del ciclo produttivo che basterebbe da sola a garantire una produzione più efficace, anche senza applicare turni massacranti".
"I lavoratori non sono qui per dire di 'no' a prescindere, non si sono mai tirati indietro di fronte ai sacrifici – aggiungono Bollini e Zacchei – ma è completamente inutile insistere chiedendo più ore lavorative, senza però mettere questi dipendenti in grado di svolgere davvero bene il loro lavoro. Di questo passo, non riuscendo a produrre volumi sufficienti e quindi non potendo oggettivamente fornire ai clienti gli ordinativi in tempo, si rischia che questi clienti si rivolgano altrove, peggiorando così la prospettiva di questo stabilimento".