Davanti agli studenti del Varchi si parla di infiltrazioni mafiose e di lotta all’illegalità, grazie a una iniziativa di Spi, Cgil e Flc. Testimoni d’eccezione, Maurizio Pascucci, che coordina il progetto Liberarci dalle Spine a Corleone; e Renato Scalia, della Fondazione Caponnetto, ex ispettore capo di Polizia e della DIA. Ed è suo il messaggio più forte: “Per troppo tempo si è finto che la mafia in Valdarno e in Provincia di Arezzo non fossero un problema”
A raccontare la presenza di mafie, in Valdarno, sono numeri e operazioni di polizia. Li ricorda, in ordine sparso, Renato Scalia: ex ispettore capo di Polizia e della Direzione Antimafia, oggi lavora con la Fondazione Caponnetto. E nelle sue ricerche il Valdarno e la Provincia di Arezzo ritornano spesso. "In Toscana, oggi, i beni confiscati alle mafie sono 170: la maggior parte nell'aretino, 69, molti di questi in Valdarno", racconta.
Lo fa davanti alla platea degli studenti del Varchi di Montevarchi, dove fa tappa il progetto di Spi, Cgil e Flc su "Legalità e territorio". Si parte dagli studenti, dalle scuole come luoghi ideali per la conoscenza. "Non dovete commettere gli errori che abbiamo commesso noi – dice Scalia – non dovete rassegnarvi a convivere con la mafia, non dovete negarne l'esistenza. Da qui si può partire per un percorso vero di lotta all'illegalità".
Scalia ricorda le operazioni che hanno toccato il Valdarno: "Qui sono stati arrestati esponenti di spicco 'Ndrangheta e Camorra, anche negli ultimi anni. L'operazione Atlantide, una delle più eclatanti, è di appena due anni fa: ha portato alla luce un'associazione a delinquere che agevolava il clan dei Casalesi. Eppure l'ex Prefetto di Arezzo, in quel periodo, sosteneva che la mafia nell'aretino non fosse un problema. Ecco, tutto questo per dirvi che sottovalutare il problema è come aprire le porte e lasciare che entrino queste forme di illegalità. Un discorso, quello dei rischi della sottovalutazione, che vale a tanti livelli: e a mio parere lo dimostra anche il caso di Banca Etruria".
A prendere la parola è anche Maurizio Pascucci, che oggi a Corleone gestisce il progetto 'Liberaci dalle spine', lavorando nei terreni confiscati alle mafie. "Da Corleone stiamo portando avanti un progetto che non è solo contro le mafie, ma contro ogni forma di illegalità. A cominciare dal lavoro nero, che esiste ed è diffuso anche in Valdarno. Riaffermare le regole, invece, è il primo passo da compiere. Eppure il sistema delle gare a massimo ribasso e quello dei subappalti hanno portato conseguenze distorte, dove l'illegalità spesso si fa strada: il caporalato, ad esempio, da cui la vallata valdarnese non è esente. Basti pensare all'omicidio dei fratelli Talarico, al Tasso, nel 2006".
L'esperienza di lavoro nei campi sequestrati alla mafia è aperta anche ai giovani. Nel 2011 fu realizzato un video con protagonista una studentessa valdarnese, Sofia.
"Per capire cosa significa la libertà a volte è necessario andare in quei luoghi dove occorre combattere ogni giorno, per riaffermarla. Ecco, vorremmo che questo messaggio arrivasse agli studenti valdarnesi: perché l'informazione e la conoscenza dei fenomeni mafiosi è la prima difesa della Costituzione, ed è proprio di questo che hanno paura tutte le culture mafiose", conclude Alessandro Gabrielli, della Flc Cgil. Un concetto a cui si uniscono anche le parole di Alessandro Mugnai, segretario della Cgil di Arezzo.