Sabato 19 dicembre alla Ginestra a Montevarchi il confronto su un tema particolarmente d’attualità ma poco affrontato dal punto di vista di studiosi e archeologi: il cosiddetto “spettacolo della distruzione” messo in campo dai terroristi del Daesh nei confronti di beni patrimonio dell’umanità
C’è un punto di vista privilegiato, che nelle vicende che scuotono il Medio Oriente non viene preso in considerazione. Quello della categoria degli Archeologi del Vicino Oriente antico: gli archeologi attivi in Mesopotamia, l'attuale Medio Oriente, hanno sempre avuto un ruolo di mediatori culturali, tra le culture del passato e quelle del presente ma anche tra la cultura occidentale e quella dei paesi che li ospitano. Perché sebbene l’archeologia sia una scienza che studia le civiltà del passato, in quanto scienza sociale, è fortemente radicata nel mondo contemporaneo.
Oltre ai rapporti ufficiali con le autorità e i governi dei quei paesi, la cosa peculiare, su cui molti non pongono attenzione, è che gli archeologi lavorano sempre a diretto contatto con le popolazioni che risiedono nei paesi che li ospitano. Sono immersi in quei contesti socio-culturali, ma lo sono in maniera privilegiata: come osservatori che sperimentano la convivenza di culture, religioni o gruppi umani diversi.
L’archeologia del Vicino Oriente Antico non è più l’archeologia coloniale degli inizi, quando gli archeologi occidentali vedevano la Mesopotamia come una miniera di tesori per arricchire le collezioni dei grandi musei europei e americani. L’archeologia orientale oggi è una disciplina moderna e negli ultimi decenni la “scuola italiana” si è distinta nel mondo per l’eccellenza dei tanti progetti realizzati in Siria, Iraq, Giordania, Egitto, Libia, Iran e Turchia. Progetti di cooperazione e condivisione con le comunità locali, con le università e i ricercatori dei paesi ospitanti; basati su politiche inclusive e grandi esempi concreti di archeologia pubblica.
Alcuni di questi archeologi italiani, considerata la criticità della situazione attuale in Medio Oriente e forti della consapevolezza di avere tutti gli elementi per un’analisi dei fenomeni in atto, hanno deciso di superare i loro tradizionali limiti accademico-scientifici e sono da tempo sono impegnati in un’attività di informazione consapevole e responsabile su quanto sta accadendo al patrimonio culturale della Mesopotamia, per portare all’attenzione del grande pubblico punti di vista “inediti” sull’ISIS, il terrorismo e le questioni medio-orientali.
Verranno in Valdarno a parlarne, sabato 19 dicembre alle ore 15 alla Ginestra di Montevarchi in un evento organizzato dal CAMNES (Center for Ancient Mediterranean and Near Eastern Studies), in collaborazione con il Comune di Montevarchi, il patrocinio della Conferenza dei Sindaci del Valdarno ed il supporto della Sezioni Soci Coop di Montevarchi.
Tra i relatori saranno presenti Marco Iamoni, dall'Università di Udine, Vicedirettore del Progetto archeologico regionale Terra di Ninive (PARTeN) nel Kurdistan Iracheno Settentrionale; Andrea Polcaro, dell'Università degli Studi di Perugia, Co-direttore degli scavi a Nina/Surghul (Iraq) e Jebel al-Mutawwaq (Giordania) e Responsabile del progetto di allestimento del Parco Archeologico di Madaba (Giordania); Elisa Pruno, dall'Università degli Studi di Firenze, Membro della Missione Archeologia: Petra ‘medievale’. Archeologia dell’insediamento crociato-ayyubide in Transgiordania. Previsto anche un collegamento skype con Alessandra Peruzzetto, Responsabile dei progetti di archeologia in Medio Oriente per il WMF (World Monument Fund) da Parigi. A coordinare il dibattito sarà il valdarnese Stefano Valentini, Co-direttore del CAMNES di Firenze.