23, Aprile, 2024

Storia e peripezie del Mulino ad acqua più alto del Pratomagno, quello di Rocca Ricciarda

Articoli correlati

In Vetrina

Più lette

In Vetrina

Il Mulino è stato, ed è tutt’ora, parte integrante di molti paesi di montagna nel Pratomagno, indispensabile un tempo per le necessità alimentari. Il Mulino “Marcello Venturi”, presso Rocca Ricciarda in Pratomagno, è il più alto mulino della montagna, ma è stato oggetto di numerose vicende e peripezie. Vi raccontiamo la sua storia.

Ci sono numerosi mulini lungo il fiume Ciuffenna, che si trovano nella maggior parte nei paesini, tipo Gorgiti. Tuttavia, il Mulino di Rocca Ricciarda, dedicato nel 2013 alla memoria di Marcello Venturi, è particolare in quanto è il più alto Mulino della catena del Pratomagno che funziona ad acqua. Il primo che il fiume incontra nel percorso che lo condurrà a Loro Ciuffenna. Ristrutturato dall’Unione dei comuni del Pratomagno nel 2007, questo Mulino ha una storia molto travagliata. Non è databile la sua costruzione, anzi per moltissimo tempo è stato abbandonato e poi usato solamente come seccatoio. Qualche anno fa, Marcello Venturi, originario di Gorgiti, decise di sfruttare questa risorsa e cercare un modo di metterlo in moto. Il problema di questo mulino è, infatti, legato alla quantità di acqua che affluisce nella turbina che mette in moto la macina. Nella parte sovrastante ad esso, la pozza d’acqua che dovrebbe alimentare la turbina, non era sufficiente a far girare la macina in modo continuo. Venne deciso così di costruire uno sbarramento in una parte molto più alta per prenderci l’acqua, che poi un tubo avrebbe dovuto portare al mulino. Dal 2013 sino a pochi anni fa, così il mulino della Rocca ha ripreso vita e per molto tempo si è potuta produrre la famosa farina di castagne, specie nei periodi di forte pioggia.

Marino Venturi, che oggi ha 96 anni, racconta: “Ai tempi, stavo io anche fino a molto tardi ad accertarmi che l’acqua fosse abbastanza forte. La nostra farina era finissima e lo capivo dal fatto che quando uscivo dal Mulino ne ero pieno da capo a piedi. Solo allora mi rendevo conto che la farina era fine“. Marino si occupava della produzione di farina di castagne sin da bambino, dalla raccolta alla macinatura, e con la sua famiglia oggi gestisce il bar-ristorante di Rocca Ricciarda. Marino aggiunge: “Poi, tre o quattro anni fa, il tubo che portava la giusta capienza di acqua si ruppe, rendendo il mulino non funzionante e così produciamo la farina in altri posti”. Recentemente, però, qualcosa si è mossa: l’Unione dei comuni del Pratomagno ha pulito l’area in vista di lavori di mantenimento e di rifacimento del tubo d’acqua.

I mulini sono oggetti di interesse in quanto legati alle antiche tradizioni montane e, in questa ottica, l’Unione dei comune del Pratomagno ha tenuto a valorizzare nuovamente questo mulino alimentato ad acqua. Le operazioni di rifacimento si sono basate su tecniche e tecnologie di un tempo, con l’aiuto anche di coloro che hanno vissuto tali pratiche nel passato. L’intervento del 2007 ha fatto ampiamente riferimento ai meccanismi di macinatura di un tempo: l’acqua passando dal vano “carcerario”, attiva un sistema di pale collegate all’albero detto “ritrecine” il quale mette in moto la macina. Essa, poi, permette la “mulinatura” delle castagne e la sua macinazione.

Roberto, proprietario del bar-ristorante presso Rocca Ricciarda, è forse il solo che ancora possiede le chiavi di apertura e conosce ampiamente i processi di macinatura: “Prima di tutto le castagne vanno tostate per disidratarle, poi vanno subito macinate. Le castagne vengono gettate in un grande imbuto e rilasciati gradualmente tramite una leva, la bravura del “mugnaio” è saper dosarle: infatti la farina verrà più o meno fine. La sua abilità sarà quella di farla più fine possibile. Altra cosa, una leva che regola l’acqua che affluisce sul “ritrecine” per far girare più o meno la macina. Quest’ultima è fatta in pietra e periodicamente andrebbe ribattuta, anche questa è un’arte. Infine, la farina cade dalla botte a una cassa di legno e lì il processo finisce”. Segue la parte di conservazione, che oggi è molto più semplice di un tempo, infatti Marino Venturi ricorda che ai tempi la farina veniva pressata in grandi cassapanche di legno, dette madie, per fargli perdere ancora più acqua e quindi non farla rovinare.

 

Raccontare, ascoltare e trasmettere certe tradizioni è necessario affinché non cadano nell’oblio. Il Mulino “Marcello Venturi” dovrebbe essere un perfetto esempio di come basti poco a riportare in vita antiche usanze della zona. Infatti, esso è una meta perfetta per i giovani studenti delle scuole, ma anche per coloro a cui piace camminare nei bellissimi percorsi del Pratomagno e che, d’un tratto, si imbattono nel Mulino.

 

Articoli correlati