23, Aprile, 2024

Dietro la porta chiusa, i maltrattamenti: come la pandemia ha inciso sul fenomeno della violenza sulle donne

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Si iniziano a delineare soltanto oggi, le conseguenze che la pandemia ha avuto anche sul fenomeno della violenza sulle donne. Perché prima di tutto i lockdown, e quindi le convivenze forzate in ambito strettamente familiare, ma poi anche la limitazione della vita sociale e l’aggravarsi delle difficoltà economiche delle famiglie hanno lasciato il segno: a volte con la violenza fisica che è subentrata a quella psicologica; altre volte con l’aggravarsi di una situazione di violenza già presente; altre ancora, con nuovi attacchi violenti da parte di compagni, mariti, conviventi dediti all’alcool, che proprio dentro le mura di casa si sono trasformati in uomini maltrattanti.

Se ne è parlato a Figline, proprio il 25 novembre, Giornata internazionale contro la violenza sulle donne, nell’ambito di un incontro – conversazione che si è tenuta al Ridotto del Garibaldi, dal titolo scelto non a caso: “Dietro la porta chiusa. La violenza domestica durante la pandemia”. Un appuntamento voluto dal Comitato Unico di Garanzia per le Pari Opportunità del comune di Figline e Incisa, proprio come occasione di confronto sulle nuove caratteristiche di un fenomeno che, anche in Valdarno, non accenna a diminuire.

A dirlo sono i dati: quelli, ad esempio, portati da Veronica Pellegrini, referente dell’Associazione Artemisia, che gestisce lo sportello antiviolenza di Figline. “A livello del territorio fiorentino – ha spiegato – nel 2021 i dati sulle richieste di aiuto sono leggermente inferiori allo scorso anno, anche se ancora purtroppo molto alti. Parliamo di 741 casi totali, di cui 660 di violenza su donne e 56 su minori. Il 28% di questi vengono dagli sportelli territoriali, quindi dai territori della provincia, come l’area Sud Est Valdarno fiorentino e Valdisieve: qui nel 2021 abbiamo raccolto 103 casi di donne vittime di violenza, di cui 30 nello sportello di Figline. E qui siamo in linea con il 2020, anche allora furono 30 le donne che chiesero aiuto allo sportello figlinese, un’affluenza che consideriamo ancora molto alta”.

Apparentemente in modo paradossale, nel periodo del primo lockdown, quello più rigido della primavera 2020, ma anche nel secondo, quello della fine del 2020, le richieste di aiuto agli sportelli di Artemisia sono diminuite anche in maniera netta. Una contraddizione solo apparente, appunto: perché le donne maltrattate e vittime di violenza hanno avuto molte più difficoltà a chiedere aiuto, costrette fra le mura domestiche dalle restrizioni anti-covid. Hanno chiamato più spesso il 1522, il numero nazionale antiviolenza, ma hanno avuto meno occasioni di uscire di casa e quindi di rivolgersi agli sportelli e ai servizi sociali. E così si è evidenziata, anche in Valdarno, la tendenza a chiedere aiuto quando la situazione diventava difficilissima: nel 2021 in particolare il rischio è cresciuto molto, tanto che la stessa associazione Artemisia ha dovuto effettuare nell’anno in corso già 41 interventi per casi considerati di altissimo rischio per la donna vittima di violenza.

Una violenza che ha tanti aspetti, non solo quello fisico. “La violenza domestica – ha ricordato l’assessora alle politiche sociali Arianna Martini – si inquadra in una problematica sociale più ampia, in particolare in questo momento. La violenza fisica, quella psicologica, il ricatto economico nei confronti della donna, si sommano tra l’altro molto spesso alla violenza assistita da parte dei minori, i bambini. E tutto questo mette radici in un terreno fatto di basi culturali sbagliate, in cui si incardina la mancata parità di genere. Il fatto che un uomo continui a rimarcare come la donna sia uno scalino al di sotto di sé: ecco, da qui bisogna partire assolutamente per una crescita culturale collettiva, e senza queste premesse sarà sempre difficile combattere e fermare il fenomeno della violenza sulle donne”.

“Nel periodo pandemico – ha sottolineato Lucia Staderini, del Servizio Sociale del comune di Figline e Incisa – sono saltate tutte le attività di prevenzione, con gli sportelli chiusi e la mancanza di rapporti sociali. E così sono finiti per arrivare da noi casi molto più gravi. Purtroppo nel nostro lavoro dobbiamo fare i conti con molte difficoltà: prima di tutto il nodo della protezione della donna vittima di violenza, e la lentezza della Magistratura che in alcuni casi, nonostante il primo intervento sia veloce e incisivo, tarda poi a prendere provvedimenti come quello dell’allontanamento dell’uomo maltrattante. Altro importante fattore è la necessità economica che la donna si trova a dover affrontare, spesso completamente dipendente dal punto di vista economico dal compagno maltrattante: anche per questo a volte le donne si scoraggiano dal denunciare. Qualcosa si sta muovendo, in questo fronte: oltre al supporto che trovano nelle associazioni e nelle case rifugio, ora ci sono novità come un sostegno dell’Inps o il nuovo cosiddetto Reddito di Libertà, che può essere erogato mensilmente per un anno alla donna vittima di violenza. Sono passi importanti, perché è facile dire che bisogna sempre denunciare, ma poi bisogna bilanciare con la protezione e con il supporto economico. Fondamentale, in tutto questo, è la rete di collaborazione che si attiva con le Forze dell’ordine, a partire dai Carabinieri qui sul territorio”.

Presente all’incontro anche il Capitano Antonio Odoroso, comandante dei Carabinieri di Figline, che ha commentato: “Noi ovviamente siamo sempre disponibili a intervenire ed essere a fianco delle donne, e grazie alla rete con i servizi sociali e le associazioni riusciamo a intervenire con protezione, accoglienza e rifugio. Ci spendiamo su tutti i fronti, a partire anche dall’aspetto educativo tra i più giovani. Una diversa sensibilità, infatti, sarà fondamentale per il futuro”.

Glenda Venturini
Glenda Venturini
Capo redattore

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