20, Aprile, 2024

Viaggio nel laboratorio di restauro del Mammut del Tasso, dove l’elefante si ‘libera’ della sua prigione di terra

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Sopralluogo questa mattina nel laboratorio allestito da Museo Paleontologico, Soprintendenza e Università in uno stabile messo a disposizione dalla ditta Moretti a San Giovanni. “Il lavoro iniziato qui è lungo: si lavora per togliere l’argilla che nel tempo si è depositata intorno a zanne e cranio”. Intanto proseguono le visite guidate e la raccolta fondi

Viene alla luce piano piano, millimetro dopo millimetro, il mammut ritrovato al Tasso e rimosso dalla terra la scorsa estate. Cranio e zanne, infatti, sono ancora inglobati nell'argilla che fino a poco fa era la loro 'gabbia', e in questa fase l'obiettivo del restauro è proprio quello di rimuovere tutto ciò che è estraneo al fossile. 

Se ne occupa la dottoressa Antonella Aquiloni, restauratrice del Museo Paleontologico di Montevarchi, che lavora pazientemente con strumenti minuti, persino con uno spazzolino da denti e con una sorta di trapano da dentista. "L'acqua non possiamo impiegarla – spiega – ci sono studi scientifici che dimostrano che in questi casi rovinerebbe il fossile. Dunque, si tratta di lavorare meccanicamente, con attenzione e la massima cautela". 

 

 

"Il restauro – ha aggiunto la dottoressa Facchino – sarà ancora lungo: una volta concluso il mammut sarà esposto al Paleontologico, in una sistemazione che stiamo ancora studiando. Nel frattempo proseguono le visite, qui, al laboratorio di restauro, anche con classi di studenti delle scuole del Valdarno; e prosegue la raccolta fondi per sostenere i lavori di restauro". E il nome del mammut? "Ancora non è iniziato lo 'spoglio' delle schede con cui i cittadini che hanno contribuito con una donazione, hanno ache scelto il loro preferito. Si scoprirà soltanto quando chiuderemo la raccolta fondi". 

Il restauro avviene in uno stabile a San Giovanni, messo a disposizione per il laboratorio di restauro dallo sponsor Moretti Spa. Questa mattina si è tenuto un sopralluogo con tutti i rappresentanti degli enti che stanno collaborando: la dottoressa Ada Salvi della Soprintendenza Archeologia Belle Arti e Paesaggio di Siena, Grosseto e Arezzo, la dottoressa Ursula Wierer della Soprintendenza di Firenze, Pistoia e Prato (che fino a poche settimane fa era ad Arezzo, e aveva seguito personalmente la rimozione del mammuthus), il professor Paul Mazza dell’Università degli Studi di Firenze, la Direttrice del Museo Paleontologico dottoressa Elena Facchino. 

 

 

"Si tratta di una scoperta importante, che contribuisce a tracciare un quadro sull'ambiente del Valdarno oltre un milione e mezzo di anni fa. Questo esemplare si stima infatti sia vissuto circa 1,6 o 1,7 milioni di anni fa", ha spiegato il professor Mazza. "La Soprintendenza – hanno aggiunto le dottoresse Wierer e Salvi – ha seguito fin dal primo momento della scoperta tutto il processo che ha portat fino al restauro, e che poi si concluderà con la musealizzazione". 

 

Il commento di Fabrizio Fabbrini, della Moretti Spa, che ha messo a disposizione gli spazi per il restauro:

 

Glenda Venturini
Glenda Venturini
Capo redattore

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