29, Marzo, 2024

“Maestre e fascismo”, il libro che racconta propaganda e realtà nelle scuole della provincia di Arezzo

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Pubblicato il volume firmato dal professor Piccioli, docente al Varchi di Montevarchi. Un progetto iniziato dal ritrovamento di due quaderni di scuola elementare all’interno del fascicolo personale di un iscritto al PNF di Castelluccio, frazione di Capolona

È uscito in questi giorni, nelle librerie e cartolibrerie anche in Valdarno, il volume “Maestre e fascismo – Propaganda e realtà nelle cronache scolastiche tra le due guerre in provincia di Arezzo”, di Lorenzo Piccioli, docente di Filosofia e Storia presso l'ISIS “Varchi” di Montevarchi, membro dell’Accademia Valdarnese del Poggio, della Società Storica Aretina e del Comitato Valdarnese per la promozione dei valori risorgimentali, con prefazione dello storico Fabio Bertini, edito da Aska Edizioni. 

Un volume che nasce dal ritrovamento di due quaderni di scuola elementare contenuti all’interno del fascicolo personale di un iscritto al PNF di Castelluccio, frazione di Capolona in Casentino, custodito presso il relativo Fondo dell’Archivio di Stato di Arezzo. 

Da qui l'idea di approfondire e dedicare appunto un volume sulle maestre in Provincia di Arezzo, come parte di una ricerca più vasta intrapresa dall’autore, il professor Piccioli, sul fascismo aretino: "il progetto – si legge nella presentazione – si propone di rappresentare un punto di vista storiografico contrario al diffuso revisionismo e sdoganamento del fenomeno fascista che, grazie ad una sempre più diffusa “pubblicistica”, cerca di proporre un’immagine positiva ed edulcorata di Mussolini e del Regime".

L’idea alla base della ricerca non è solo mostrare il processo di “fascistizzazione” della personalità di bambini e bambine attuato dagli strumenti della propaganda del Regime ma, soprattutto, porre in evidenza il “disastro educativo” rappresentato da venti anni di dittatura attraverso i documenti ufficiali della scuola. 

Le protagoniste del volume sono quattro maestre e una bambina di 12 anni che frequenta la quinta elementare e le vicende narrate si snodano in un periodo che va dal 1927 al 1940. Tutte le scuole descritte sono “scuole miste rurali” ai confini tra il Comune di Arezzo e le valli e il tipo di documenti riprodotti sono Cronache scolastiche e relazioni, nonché quaderni scolastici reperiti presso l’Archivio di Stato di Arezzo. In particolare le Cronache scolastiche, che furono rese obbligatorie dalla Riforma Gentile del 1923, sono risultate una fonte preziosa poiché, grazie ad esse e ad altri documenti che l’insegnante elementare era tenuto a compilare, emerge la “scuola reale” e non quella propagandistica del Regime.

 

Come infatti denunciano apertamente le maestre nelle loro relazioni, dopo venti anni di governo di Mussolini nella scuola del Duce manca tutto: palestre, aule, servizi igienici, cattedre, il più comune materiale scolastico. Vi è descritto anche l’incredibile episodio di una scuola senza riscaldamento, a cui il Fascio locale dona un braciere che però, a causa delle esalazioni, rischia di soffocare alunni e maestra. Ma emerge anche tutto il paternalismo del Regime in occasioni come la cosiddetta “Befana fascista”, resa possibile dalla carità di una nobildonna locale, o come la saltuaria introduzione della refezione scolastica. La ricerca, quindi, attraverso un’ampia gamma di documenti di archivio mostra aspetti significativi ed anche inediti della scuola elementare fascista all’interno della provincia di Arezzo, nell’ambito di una storiografia di genere.

 

 

Glenda Venturini
Glenda Venturini
Capo redattore

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