29, Marzo, 2024

“L’ultimo sopravvissuto di Cefalonia”: presentato a Pordenone l’ultimo libro di Filippo Boni

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Dopo “Gli eroi di Via Fani”, Filippo Boni ha seguito la lunga scia di sangue che ha attraversato il territorio di Cavriglia per l’ultima fatica edita da Longanesi

Presentato a Pordenone l'ultimo libro di Filippo Boni: "L'ultimo sopravvissuto di Cefalonia". Boni studiando i percorsi compiuti dall’esercito nazista durante la seconda guerra mondiale, che nel luglio del 1944 nel comune di Cavriglia massacró 192 civili, si è imbattuto nell’incredibile storia di Bruno Bertoldi, sergente della Divisione Acqui che ebbe salva la vita dalla strage di Cefalonia nel settembre del 1943 e che sopravvisse anche, da prigioniero, ai lager nazisti ed ai terribili gulag sovietici, tornando a casa solo nel Natale del 1945.

"Un uomo straordinario che oggi, a 101 anni, porta con se, con lucidità e forza, il testimone della memoria di tutti gli orrori del novecento e che ci auguriamo di avere presto ospite a Cavriglia per parlare con la nostra gente e raccontare la sua testimonianza".

Filippo Boni, così dopo “Gli eroi di Via Fani”, consegna agli italiani un’altra bellissima storia di grandissimo impatto emotivo e di alto valore civile, restituendo ancora una volta dignità e valore ad un uomo semplice ed umile che con la sua vita ed il suo esempio ha restituito la fiducia nel futuro.

La Sinossi: "L’eccidio di Cefalonia del settembre 1943 sembra oggi lontanissimo, ma è ancora prepotentemente vivo negli occhi di Bruno Bertoldi. E lui, cento anni compiuti il 23 ottobre 2018, è rimasto l’ultimo a poterlo raccontare. In quei giorni, migliaia di soldati italiani della Divisione Acqui vennero trucidati dai nazisti. Bertoldi riuscì miracolosamente a fuggire, ma fu subito catturato dai tedeschi e portato ad Atene. Da qui venne caricato su un treno diretto allo stalag di Leopoli, in Ucraina. La Wehrmacht cercava meccanici e Bertoldi fu destinato a un deposito di panzer, auto e moto a Minsk, in Bielorussia. Dopo una fuga rocambolesca, lui e altri tre italiani furono presto catturati dai partigiani polacchi che dopo un periodo di lavori forzati li consegnarono ai russi. Ebbe così inizio una terribile marcia per centinaia di chilometri, anche a trenta gradi sotto zero, finché, una volta arrivati a Mosca, vennero trasferiti nell’infernale gulag di Tambov, dove in gelide caverne scavate sottoterra Bertoldi vide morire migliaia di soldati italiani. Nella primavera del ’45, fu spedito a seminare e a raccogliere cotone, in condizioni estreme, nel gulag di Taškent, in Uzbekistan. Nell’ottobre 1945, venne caricato su un carro be­stia­me e finalmente mandato a casa, a Castelnuovo Valsugana, dove arrivò, ormai ridotto al lumicino e con la malaria, soltanto la notte di Natale.
La storia delle incredibili avventure di Bruno Bertoldi è quella di un eroe suo malgrado: un uomo per bene che ha attraversato tutti gli orrori del Novecento cercando in ogni modo di sopravvivere, ma senza voler mai rinunciare alla propria dignità".

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