20, Aprile, 2024

Fusioni forzate per comuni sotto i 5mila abitanti, proposta di legge alla Camera. In Valdarno riguarderebbe Laterina e Pergine

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Una proposta di legge per obbligare i comuni piccoli a fondersi: presentata alla Commissione Affari istituzionali della Camera da 20 parlamentari Pd, stabilisce che il limite minimo di abitanti perché possa esistere un comune è fissato in 5mila. Sotto quella soglia, in Valdarno, senza contare Castiglion Fibocchi (che lavora alla fusione con Capolona) rimarrebbero oggi soltanto due comuni: Laterina e Pergine

La fusione di comuni? Per Laterina e Pergine potrebbe non essere più una opzione, ma un obbligo. I due comuni valdarnesi, infatti, sono gli unici rimasti sotto 5mila abitanti, se non si considera l'ancor più piccolo municipio di Castiglion Fibocchi, che però sta già lavorando alla fusione con Capolona (il referendum si terrà in primavera). 

Quella soglia, 5mila abitanti appunto, potrebbe essere decisiva, se dovesse passare la Proposta di Legge presentata alla Commissione Affari istituzionali della Camera da venti parlamentari del Pd lo scorso novembre, sotto forma di "Modifica al testo unico di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, in materia di popolazione dei comuni e di fusione dei comuni minori". 

La proposta è di rendere obbligatoria la fusione per i comuni più piccoli, sotto i 5mila abitanti appunto. "Secondo dati dell’Istituto nazionale di statistica del 2014, su 8.057 comuni italiani presenti in totale in Italia, ben 5.652 comuni (circa il 70 per cento) hanno una dimensione inferiore a 5.000 abitanti. D’altra parte, a livello nazionale, la percentuale degli abitanti residenti in piccoli comuni è pari al 17,07 per cento dell’intera popolazione. È evidente allora il disequilibrio esistente tra il numero delle amministrazioni locali e la distribuzione degli abitanti tra i residenti", si legge in premessa.

I parlamentari sottolineano poi come la fusione sia "lo strumento più idoneo per superare l’attuale frammentarietà dei comuni italiani", e che "la fascia dei comuni tra 5.000 e 10.000 abitanti è quella che consente una dimensione ottimale perché, da un lato, consente il mantenimento di una dimensione a misura d’uomo […] e, dall’altro, coniuga questo aspetto con la capacità dell’Ente comunale di offrire buoni servizi, realizzando economie di scala che consentono l’ottimizzazione delle risorse". 

Da queste premesse, insieme alla constatazione che finora le fusioni di piccoli comuni in Italia sono state ben poche, i venti parlamentari Pd propongono "innanzitutto che il limite minimo di abitanti perché possa esistere un comune è fissato nella soglia di 5.000 abitanti. Trascorsi poi ventiquattro mesi dalla data di entrata in vigore della legge, le regioni provvederanno […] alla fusione obbligatoria di tutti i comuni la cui popolazione sia inferiore a 5.000 abitanti e che non abbiano già avviato di propria iniziativa procedimenti di fusione. Quindi, di fatto, i comuni avranno due anni di tempo per procedere autonomamente, dal basso, e secondo criteri di omogeneità, maggiormente rispettosi delle caratteristiche fisiche dei territori o delle tradizioni loro proprie […]. Qualora non lo facciano autonomamente nei primi due anni […] saranno le regioni, con propria legge, a provvedere. In tal caso però i comuni perderanno il diritto a tutti i benefici previsti dalla legge per incentivare le fusioni di comuni". 

Netta la posizione di Uncem Toscana, che riunisce proprio i piccoli comuni montani: "La proposta di legge nazionale che prospetta uno scenario tutto nuovo per i piccoli Comuni, scardinandone l'anima e l'essenza, è semplicemente assurda; è inaccettabile che qualcuno imponga ai comuni sotto i 5.000 abitanti di fondersi, noi non ci stiamo e siamo pronti a mobilitarci questa volta in modo netto e chiaro. Non siamo contrari alle fusioni, ma non siamo d'accordo all'imposizione dall'alto; in un processo di riorganizzazione è essenziale sia la partecipazione dei cittadini sia la peculiarità dei singoli territori e da ciò non si può prescindere. Siamo pronti a mobilitarci per far capire a Regione, Parlamento e Governo l'assurdità di tali decisioni e l'incompatibilità con la politica territoriale che da sempre ha mirato alla tutela e salvaguardia dei territori minori".

Glenda Venturini
Glenda Venturini
Capo redattore

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