28, Marzo, 2024

Da Ambra a Londra, oggi socio di uno studio di architettura di fama internazionale: la storia di Maurizio Meossi

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Valdarnese all’estero da ormai 15 anni, Maurizio racconta il suo percorso, che lo ha portato fino a lavorare tra i più grandi dell’architettura mondiale. “Ho lasciato il Valdarno per la curiosità di conoscere il mondo e l’ambizione di crescere nel mio lavoro. Tornare indietro? Non oggi”

Quindici anni fa è partito dal Valdarno, con la voglia di ampliare gli orizzonti e l’ambizione di crescere e migliorarsi nel proprio lavoro. Oggi è associato di uno dei più importanti studi di architettura a livello internazionale, lo Zaha Hadid Architects. La storia che raccontiamo è quella di un altro valdarnese che vive e lavora all’estero: l’architetto Maurizio Meossi, partito da Ambra alla volta di Londra.

“Vivo a Londra da circa un anno e mezzo – racconta – ma sono fuori dal Valdarno ormai da circa 15 anni: prima Londra, poi Roma, Milano, e Londra di nuovo”. Una peregrinazione guidata dal desiderio di maturare, crescere, migliorare. “Dopo essermi laureato in Architettura a Firenze avevo iniziato a lavorare in uno studio valdarnese, ma nel giro di un anno ho deciso di rimettermi in gioco”, spiega.

Con un amico parte per Londra, per frequentare un master. Ne nasce una collaborazione con lo studio di Architettura di cui oggi è associato, e per conto del quale segue progetti anche in Italia: Roma prima, Milano poi. “Alla fine, però, ho fatto ritorno a Londra: soprattutto, per via della scarsa offerta del mercato italiano nel nostro settore”. La scelta di vivere all’estero, per Maurizio, è infatti indissolubilmente legata alla sua carriera lavorativa.

“In quanto figlio di farmacisti, avrei potuto scegliere la facile strada tracciata dai miei genitori e probabilmente sarei rimasto nel paese in cui sono cresciuto, Ambra. Ma ho deciso di studiare architettura, e poi di non accontentarmi della dimensione lavorativa che il Valdarno e l'Italia potevano offrirmi”. La sua opinione è quella di chi guarda da lontano la madrepatria, ormai da anni: “Credo che a livello nazionale manchi una vera coscienza civile tra la gente. E così diventa inevitabile essere governati da politici focalizzati sui loro interessi personali prima che sul bene della nazione: da qui la totale incapacità di impostare seri programmi di sviluppo”.

E il Valdarno? “Pur in questo scenario nazionale, non mi è mai sembrato particolarmente drammatico sul fronte lavoro. Certo dipende dalle scelte individuali: per me, l'idea di passare tutta la vita nel luogo in cui ero cresciuto non era particolarmente attrattiva, almeno non quanto la prospettiva di riuscire a raggiungere i livelli più alti in questa professione. Ma il Valdarno è in grado di offrire buone opportunità, soprattutto a chi ha avuto la capacità di crearsi una dimensione lavorativa ambita, senza andarsene. E comunque, la netta maggioranza dei miei coetanei è rimasta in Valdarno, con impieghi e posizioni di tutto rispetto: un dato significativo”.

Oggi, qual è il rapporto con il paese di origine? “Con Ambra non ho più nessun legame: mi capita di passarci in auto e c'è un briciolo di emozione nel rivedere la casa in cui ho passato 25 anni di vita. A Montevarchi, dove possiedo tuttora un piccolo appartamento in centro, ho sicuramente mantenuto un legame più forte: ho studiato e sono cresciuto lì, e ogni volta che rientro in Italia anche per pochi giorni cerco di passare da Montevarchi e possibilmente riuscire a vedere qualche amico”.  

Tornerebbe indietro? “Sono convinto che nella vita difficilmente esistano scelte giuste o sbagliate: ci sono dei bivi, si prende una direzione, non è detto che necessariamente sia la peggiore o la migliore. Si guadagna qualcosa, ma necessariamente si perde qualcos’altro, e io sono cosciente di essermi perso molto, sotto il profilo affettivo. Detto questo, però, di sicuro oggi mi sento più a mio agio in una grande città, ma penso ancora al Valdarno come a una terra in cui la qualità della vita è per certi versi superiore a qualsiasi altra città in cui ho vissuto. Tornarci oggi? Ne dubito, ma non nascondo che per certi versi mi farebbe piacere. Lo tengo al momento tra gli scenari futuribili, magari per quando sarà il momento della pensione”. 

Glenda Venturini
Glenda Venturini
Capo redattore

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