29, Marzo, 2024

Alessandro Barbero è la terza buonanotte del Moby Dick Festival

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Alessandro Barbero nella terza giornata del Moby Dick Festival

Dopo la prima edizione torna nella tensostruttura del Moby Dick Festival Alessandro Barbero, scrittore, professore ma soprattutto uno degli storici più amati d’Italia. Conclude la terza giornata di festival facendo riflettere sull’idea di Medioevo.

“Vorrei fare luce su tre aspetti che sono stati tanto travisati nel corso degli anni e che non appartengono affatto a quel periodo che chiamiamo Medioevo “. Dopo l’intervento su Caporetto della scorsa edizione, Barbero è intervenuto sul suo campo specialistico dove spesso si fa confusione tra ciò che è stato tramandato e ciò che è la vera e propria storia.

“Certo, perchè dovremmo sostituire l’avvincente storia della caccia alle streghe a qualsiasi ora con la sobrietà di un secolo che ha avuto semplici alti e bassi?” Questa la provocazione di apertura con la quale lo storico ha rivelato che “del Medioevo abbiamo inventato una versione molto triste e cupa e piena di tremendi terrori che può in minima parte sopravvivere ma sole se affiancata alla verità storica”.

Il terrore dell’anno mille, lo IUS PRIME NOCTIS, la Terra piatta. Ecco i tre argomenti su cui ha fatto perno la lectio magistralis di Barbero: “Purtroppo ci siamo fidati di una tradizione che non si è basata su documenti e che le poche volte che lo ha fatto ha contaminato talmente tanti termini da far passare una lezione sbagliata – continua –  e una volta consolidata questa tradizione ci siamo posti poche domande e sbagliate anche perché i libri di storia su cui abbiamo studiato non ci hanno particolarmente stimolato “. A questo punto lo storico ha portato le prove della sua tesi, leggendo Carducci, Beda, Colombo, documenti notarili, diplomi di papi cercando di far capire che “forse il Medioevo non era così cupo e superstizioso”.

Attraverso esempi semplici ma efficaci, tra ironia e professionalità, Alessandro Barbero ha reso agibile a un pubblico ampio il tema della cosiddetta reinvenzione del passato e ha rinviato all’importanza del concetto di parola come precisione e storia.

Articolo di Martina Giardi

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